Gesù entra negli inferi più spaventosi e dolorosi. Nella sua carne, nella sua anima, il tormento scava ferite profonde, spaventi, delusioni. Piange lacrime e suda sangue il Figlio dell’uomo. E Gesù si rivela il Signore e il Salvatore proprio là dove lo strazio è più insopportabile e l’enigma più insolubile. Là dove è più necessaria la salvezza, Gesù salva. E risorga l’uomo nuovo, e tutta la realtà, tutte le persone, tutta la storia possano sperare e possano ospitare la gloria di Dio!
Là dove è più necessaria la salvezza, Gesù salva: visita le terre delle guerre, in Medio Oriente, in Europa, in Asia, in Africa. Se il nostro Maestro entra negli abissi della storia, potremo noi starcene fuori? La Via Crucis che celebriamo ci invita a contemplare quattro abissi in cui Gesù è stato gettato. E la contemplazione riconosce come Gesù ha tracciato persino negli abissi la via della salvezza. La via che siamo chiamati a seguire per essere salvati.
1. L’abisso dell’angoscia
«Sentì paura e angoscia» (Mc 14,33). Quando si avvicina la minaccia tremenda, l’insidia che mette in pericolo la vita; quando non si vede nel domani se non cattiveria e violenza; quando non si vede via d’uscita; quando le cose più preziose ti crollano addosso; quando non puoi chiedere aiuto più a nessuno; quando anche gli amici voltano le spalle o rimangono indifferenti e addormentati; quando nel considerare la tua situazione e le tue prospettive non riesci a trovare nulla di desiderabile, nulla di promettente, ma solo pericoli e dolore, allora senti paura e angoscia. Il male oscuro che tormenta l’anima, che deprime e che fa venire a noia la vita. Ecco l’abisso dell’angoscia.
Nell’abisso dell’angoscia è entrato Gesù in quella notte drammatica. Che cosa ha fatto Gesù quando ha sentito paura e angoscia? Gesù ha pregato, ha invocato il Padre, ha versato lacrime e gemiti. Ha pregato, cioè ha rivelato che viveva dell’amore del Padre e che nell’abisso dell’angoscia il Padre gli era vicino, ascoltava il suo gemito ed in ogni momento, anche nell’angoscia, continuava a volere la salvezza di tutti i suoi figli.
Nell’abisso dell’angoscia che cosa può fare il discepolo per seguire Gesù? Può pregare.
3. L’abisso dell’amicizia rinnegata
«Non conosco quell’uomo» (Mt 26,72.74). Quando i rapporti più cari si spezzano; quando le persone più amate ti lasciano solo; quando chi ha promesso fedeltà si rivela infedele; quando quelli che hai aiutato guardano dall’altra parte nel momento del tuo bisogno; quando quelli di cui ti sei fidato ti imbrogliano; quando quelli da cui ti aspettavi molto non ti danno niente, allora entri nell’abisso dei rapporti spezzati, dell’amicizia rinnegata.
Nell’abisso dell’amicizia rinnegata è entrato Gesù in quella notte drammatica. Che cosa ha fatto Gesù quando Pietro ha dichiarato di non conoscerlo spaventato dalle conseguenze del dichiararsi discepolo e amico di Gesù? Gesù ha perdonato, ha guardato con sguardo d’amore e di verità il discepolo infedele, come per dirgli: se tu non mi riconosci più, però io continuo a riconoscerti come amico; se tu mi abbandoni, io però continuo ad esserti amico, a desiderare la tua amicizia.
Nell’abisso dell’amore tradito, dell’amicizia rinnegata che cosa può fare il discepolo per seguire Gesù? Può perdonare.
L’abisso del dolore irrimediabile
«Lo condussero fuori per crocifiggerlo» (Mc 15,20). Quando il male tormenta le carni, di giorno e di notte e i giorni sono tutti uguali; quando il dolore brucia insieme con l’inquietudine che si domanda se ci sarà una guarigione; quanto la malattia si prolunga e capisci di essere un peso e di aver bisogno di tutti; quando la sofferenza è acuta e incompresa e non trova rimedio; quando indovini che la diagnosi è infausta, allora entri nell’abisso del dolore irrimediabile.
Nell’abisso del dolore irrimediabile è entrato Gesù caricato della croce e trascinato per essere crocifisso. Che cosa ha fatto Gesù quando l’hanno caricato della croce? Ha continuato ad amare, fino alla fine, fino a perdonare coloro che lo facevano soffrire.
Nell’abisso del dolore irrimediabile che cosa può fare il discepolo per seguire Gesù? Continuare ad amare, non smettere di essere attento agli altri, nonostante la tentazione di ripiegarsi su sé stesso.
4. L’abisso della morte
«Rotolata poi una grande pietra all’entrata del sepolcro, se ne andò» (Mt 27,60). L’abisso della morte inghiotte la vita. Si mette una pietra sopra la vita, come l’inevitabile finire nell’enigma incomprensibile. L’abisso della morte invade anche la vita e la spaventa con i suoi mostri: la dichiarazione che tutto va a finire nel nulla, che tutto è insensato, che il giusto e l’empio muoiono tutti allo stesso modo.
Nell’abisso della morte è stato deposto Gesù. «Discese agli inferi», proclama l’antica professione di fede, il Simbolo Apostolico. Che cosa ha fatto Gesù quando è stata messa una pietra sopra il suo sepolcro? Ha abbattuto le porte degli inferi. Ha vinto la morte, ha chiamato i morti alla vita, è risuscitato nella gloria.
Nell’abisso della morte, che cosa può fare il discepolo per seguire Gesù? Può rispondere alla chiamata per risorgere a vita nuova.

