1. La parola di Dio risuona come parola straniera, incomprensibile
Gesù muore pregando e gridando a Dio le parole del salmo: «Eloì, Eloì» (Mc 15,34). E quelli che gli stanno intorno non capiscono. La parola della preghiera suona straniera alle orecchie dei presenti: «Ecco, chiama Elia» (Mc 15,35), e diventa il pretesto per l’ultimo scherno. Come quell’ultimo grido, ancora Gesù geme nella storia e intercede per tutti presso il Padre, ma la sua preghiera continua a essere incompresa. Gesù, l’incompreso.
Gesù continua a pregare il Padre e a farsi voce dell’umanità disperata. Gesù grida verso Dio per dire la sua angoscia e gemere il prezzo dell’amore fedele. Ma neppure i discepoli, quelli più vicini, quelli che hanno ricevuto le confidenze più intime e sofferte, neppure loro comprendono Gesù. I discepoli, chiamati da Gesù per stargli vicino nella drammatica notte del Getsemani, non riescono a partecipare della preghiera di Gesù. Gesù offre l’alleanza che riconcilia con il Padre, ma la città non vuole saperne del Padre e non comprende che senso abbia l’alleanza con Dio. Gesù, l’incompreso.
Gesù, innalzato tra cielo e terra, è l’agnello immolato che si offre come sacrificio della nuova ed eterna alleanza: porta a compimento la sua missione di riconciliare l’umanità con il Padre. Ma che ne sanno i presenti dell’alleanza nuova ed eterna? Gesù, l’incompreso
Gesù è il Maestro: insegna la via della vita, semina la speranza del Regno, rende partecipi i discepoli della sua relazione con il Padre, apre il cuore alla confidenza. Giuda è il discepolo deluso. Gesù non lo capisce. Il titolo della deferenza del discepolo suona come uno scherno piuttosto che come un rispettoso saluto: «Rabbì – Maestro» (Mc 14,45). Giuda dopo aver tanto ascoltato non lo comprende. Gesù è una delusione. Altre cose sono più importanti, più interessanti. Gesù, l’incompreso.
Gesù, la rivelazione del Padre misericordioso, prova compassione dei cuori feriti, dei poveri umiliati, delle solitudini desolate. Ma il suo modo di prendersi cura, i segni del suo amore che serve e salva risultano incomprensibili se si compiono non secondo le aspettative della gente, ma nel suo consegnarsi impotente di fronte al potere spietato. Gesù, l’incompreso
Gesù continua a effondere il suo Spirito e a rendere praticabile il suo comandamento. Con la sua parola e la sua potenza percorre la via della gioia, apre la porta della speranza, come allora sulle strade di Galilea e di Giudea. Ma lo Spirito trova troppe porte chiuse ed un’ostinata preferenza per l’infelicità. Gesù, l’incompreso.
I discepoli, che insieme con Gesù percorrono la città, non possono immaginare di avere altra sorte. La loro testimonianza sarà incompresa, come una lingua straniera, come una fantasia evanescente. La città non comprende: continua a preferire l’arroganza al servizio, l’accumulo egoistico alla solidarietà, la solitudine rassicurante alla comunità fraterna e all’accoglienza fiduciosa. Gesù, l’incompreso, e insieme con lui i discepoli.
2. «Il discepolo che Gesù amava» (Gv 19,26)
C’è una via per comprendere Gesù? Ci sono infatti coloro che stanno con Gesù fino allo scandalo della croce, ci sono quelli che raccolgono e comprendono l’ultima parola di Gesù. Gesù, l’incompreso dalla gente e dai potenti, dai capi del popolo e dagli anziani del sinedrio, si fa comprendere dal discepolo amato.
Così possiamo entrare nella verità di Gesù: diventando il discepolo amato. Il discepolo amato è colui che ascolta la parola e la mette in pratica: «E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé» (Gv 19,27). Nasce così una storia nuova, un popolo nuovo, una speranza per tutti: che Gesù l’incompreso sia la luce che aiuta a comprendere ogni cosa.

