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«Ho udito il suo grido»

Veglia dei missionari martiri, 24 marzo 2025

24 Marzo 2025

1. Il grido che arriva fino a Dio

Chi grida nella storia? Quale gemito arriva fino a Dio e lo commuove? Chi sono gli oppressi, vittime della prepotenza?

Arriva fino a Dio il gemito dei poveri che abitano in paesi ricchi: sono derubati della loro terra, sono derubati del loro futuro. Gemono e nessuno ascolta. Gridano e sono impotenti. Almeno Dio ascolterà?

Arriva fino a Dio il grido di coloro che non hanno speranza. Il gemito dei disperati che sono convinti e rassegnati ad andare incontro alla morte. Sono infelici, dichiarano la loro infelicità e non sanno se ci sia un’altra vita.

Arriva fino a Dio il pianto dei bambini spaventati dall’infelicità dei loro genitori, i bambini derubati del futuro dal malcontento degli adulti. Piangono e gridano i bambini atterriti dagli incubi che sono costretti a sognare, sommersi da notizie e immagini selezionate per spaventare.

Arriva fino a Dio il sospiro dei genitori smarriti nel constatare l’impotenza educativa, l’estraniarsi dei figli dai valori che hanno cercato di trasmettere.

Arrivano fino a Dio i gemiti, i sospiri, le grida della folla immensa dei poveri, degli oppressi, dei perseguitati.

 

2. Dio ascolterà?

Molti uomini e donne sono scettici e scoraggiano ogni preghiera ed ogni confidenza: a chi rivolgete il vostro grido? Dio è stato sfrattato e il cielo è vuoto. È ingenuo pensare che c’è un Dio che ascolti e provveda.

Ma Dio dice: «Ho udito il grido del mio popolo oppresso». Dio si rivela come colui che ascolta e si sente chiamato, provocato, commosso dalle condizioni di miseria e di oppressione. Il popolo oppresso non sa a chi rivolgersi, il grido, il lamento, il pianto stentano a diventare preghiera. Nella società secolarizzata, come in Egitto, c’è un potere assoluto che si impone, che opprime il popolo. In Egitto era Faraone; nel nostro tempo si possono forse nominare altri poteri che opprimono. Quale che sia il nome del “padrone del mondo”, il potere mondano si ritiene nelle condizioni di opprimere i sudditi senza dover rispondere a nessuno.

Ma Dio ascolta, si commuove e si rivela per chiamare Mosè, per chiamare Levi.

Il grido può diventare preghiera.

Il grido può diventare vocazione. Dio irrompe nella vita di Mosè per affidargli la missione di liberare il suo popolo. Gesù irrompe nella vita di Levi perché nella sua casa si possano ospitare pubblicani e peccatori.

I martiri che vogliamo ricordare in questa veglia hanno raccolto il grido del popolo oppresso, hanno avvertito la vocazione a prendersi cura della speranza degli altri, fino a fare della loro vita un sacrificio, un dono, un martirio.

 

3. Chiamati per essere inviati

Il sangue dei martiri, il grido degli oppressi giunge fino a Dio e Dio giunge fino a noi.

Non basta quella compassione emotiva che ci commuove per un momento. Non possiamo presumere di avere mezzi e numeri per consolare il mondo, per risolvere i problemi degli oppressi, non ci immaginiamo che ci sia un potere mondano che sia servizio di liberazione.

Ma non possiamo neppure appartarci in una solitudine tranquilla.

Dio irrompe nella nostra vita per renderci partecipi dei suoi sentimenti e affidarci la missione di visitare la desolazione per seminarvi speranza.

Gesù è la presenza di Dio che ci sorprende, che ci chiama, che sconcerta e irrita un contesto rassegnato e prepotente: Mosè entrerà in conflitto con Faraone, Gesù entra in conflitto con l’ipocrisia religiosa.

Gesù ci rivolge la sua parola perché ciascuno di noi possa sorprendersi di essere chiamato e disponibile ad essere mandato: forse nella nostra comunità, forse nella nostra vita quotidiana, siamo chiamati ad ospitare in nome di Gesù i pubblicani e i peccatori, coloro che hanno bisogno di perdono e di una casa ospitale dove si condivida la gioia e la speranza.