1. Il dramma diventa preghiera
Il racconto evangelico della passione e morte di Gesù comincia con la preghiera («Abbà») e finisce con la preghiera («Dio mio, Dio mio»).
È una difficile preghiera. Gesù vive la preghiera difficile, come vive il soffrire difficile con la violenza ingiusta, come vive l’amicizia difficile con discepoli inadeguati, come vive la religione difficile nella polemica con i precetti utilizzati dai capi dei farisei come un’arma per ferire.
Gesù attraversa non solo le feste e le gioie della vita umana, ma anche le asprezze della vita e le delusioni delle persone e l’affacciarsi al mistero di Dio. Gesù, figlio di Dio, condivide in tutto la vita dei figli degli uomini e rende possibile vivere ogni situazione umana come figli di Dio.
2. La nostra preghiera difficile può diventare la preghiera cristiana?
La preghiera dunque, se è stata difficile per Gesù, può essere difficile per tutti.
La preghiera difficile è quella che si lascia perdere volentieri, quella noiosa, inutile, quella comandata come un dovere, un adempimento senza ragioni. Perché pregare?
La preghiera difficile è quella che chiede senza ottenere, che vorrebbe un aiuto e l’aiuto non viene, sogna un risultato e invece, per quanto uno abbia pregato, il risultato è un fallimento.
La preghiera difficile è la preghiera che non ci sta nel tempo: con tutto quello che c’è da fare, con la vita frenetica in cui sono intrappolato, come faccio a trovare il tempo di pregare?
La preghiera difficile è la preghiera accusata di essere un’evasione, quando dicono: “Voi cristiani, invece di impegnarvi a migliorare la terra, alzate gli occhi al cielo e guardate altrove”.
3. La preghiera cristiana
La preghiera difficile non diventa una preghiera facile, ma può diventare una preghiera cristiana se questa Via Crucis ci aiuta ad entrare nella preghiera di Gesù.
La preghiera difficile diventa una preghiera cristiana se si ostina nella fiducia, come il Figlio si affida al Padre. Gesù prega e si affida, Gesù prega, interroga Dio con le parole del salmo «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», interroga Dio e si affida; Gesù attraversa la prova tremenda della condanna, della tortura, della crocifissione e si affida. Gesù non sperimenta la liberazione dal calice amaro, ma continua ad affidarsi. Dio non risponde al gemito di Gesù sulla croce, ma Gesù continua ad affidarsi. Gesù intuisce che la sua perseveranza nell’annunciare la verità del Padre è impopolare, provocatoria, insopportabile per i custodi della religione formalistica, ma continua la sua missione e si affida.
Così la nostra preghiera difficile diventa cristiana se si ostina nella fiducia, nonostante la vita sembri smentire l’affidabilità di Dio. Donne e uomini di fede, continuate ad affidarvi ed a compiere scelte di coerenza, con la certezza che sono scelte giuste, anche se non se ne vedono frutti.
La nostra preghiera difficile può diventare cristiana se cerca il rapporto di comunione con il Padre, piuttosto che il conseguimento del risultato desiderato; diventa cristiana se chi prega è disponibile a convertirsi allo stile di Gesù, piuttosto che a pretendere che Dio si converta alle nostre aspettative. Diventa cristiana se è ispirata dallo Spirito Santo, lo Spirito di Gesù.
La preghiera difficile diventa cristiana se non è una parentesi della giornata, una specie di adempimento che si aggiunge alla vita, ma è la luce che illumina tutta la giornata, è il momento in cui le parole della preghiera, le parole della Chiesa tengono unita tutta la vita e il riferimento a Gesù tiene unita tutta la vita, tutti gli aspetti della vita ed aiuta a viverli come l’occasione per dare gloria a Dio. La preghiera trasforma la gioia in cantico di lode, la sofferenza in invocazione, le relazioni difficili in intercessione, le ostilità in preghiera per i nemici.

