1. In una Chiesa cauta l’irrompere dello Spirito (At 11,1ss)
Pietro è “accusato” di essere entrato in casa di uomini non circoncisi e la notizia a proposito della comunità di Antiochia «giunse agli orecchi della Chiesa di Gerusalemme, e mandarono Barnaba ad Antiochia». Lo Spirito Santo sorprende i discepoli perché agisce anche là dove non se lo aspettano, compie opere sorprendenti.
A differenza delle testimonianze raccolte dalla Chiesa primitiva e paradigmatica, i cristiani cattolici di oggi sembrano imbarazzati a proposito di Gesù, della sua morte e risurrezione, della sua gloria di crocifisso risorto che siede alla destra del Padre e di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Inviati timidi e muti? Hanno paura di disturbare, di essere indiscreti, di condizionare la libertà degli interlocutori? Non hanno percezione di essere mandati, di essere missionari?
«Infatti: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato”. Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? Come sta scritto: “Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene!”» (Rm 10,13ss).
2. L’ambiguità dell’attrattiva
Le storie che i catecumeni raccontano sono tutte vicende personali uniche e irripetibili; ritorna però con una certa frequenza la citazione dell’attrattiva della comunità. Per molti l’incontro con cristiani generosi, impegnati in molte opere di bene in modo gratuito e con animo incline alla benevolenza, è stato il punto di partenza per interrogativi, avvio di rapporti e desiderio di appartenenza. L’attrattiva della comunità cristiana e delle sue opere di bene è una forma di testimonianza affascinante.
Nell’attrattiva c’è però una ambiguità: se quello che i cristiani fanno è attraente, può suscitare il desiderio di imitarli, di unirsi a loro per continuare a fare quello che fanno loro. L’opera buona è, infatti, premio a sé stessa. L’ambiguità consiste nel desiderare l’appartenenza alla comunità come il fine da perseguire. C’è dunque un rischio che la “Chiesa” attiri a sé, invece che favorire l’incontro con Gesù, l’unico nome che può essere invocato per essere salvati.
La figura del “collaboratore ateo” è una tipologia sconcertante, ma non rara; anzi, talora perfino esibita come un titolo di merito. La Chiesa, però, non ha il diritto di giudicare, ma il dovere di obbedire al Signore e di riconoscere la propria relatività a Lui.
3. La sorprendente fecondità del mistero annunciato
L’accompagnamento dei catecumeni offre agli accompagnatori motivi di stupore. Le parole antiche, consegnate a persone in cammino verso il Battesimo, si rivelano feconde in un modo sorprendente. I segni e i riti (la luce, l’acqua, il pane, il vino, il segno della pace, il segno della croce, il segno della benedizione, ecc.), che allo sguardo spento dell’abitudine sono diventati insignificanti, si rivelano messaggi che coinvolgono e commuovono e introducono in una relazione intensa con il Signore.
Coloro che sono coinvolti direttamente nell’accompagnamento dei catecumeni devono talora constatare che il seme della parola, affidato a una terra diversa, produce frutti nuovi, oltre le attese e le cose ovvie sempre sapute che si rivelano difficili da spiegare, e come il frutto che avvolto da una scorza dura e immangiabile si rivela gustoso e nutriente.
L’impegno per condividere la propria fede, per spiegare le verità credute, per comunicare la “visione del mondo” talora rivela anche la povertà dell’appropriazione di quello che un discepolo “ha sempre saputo” e le domande “costringono” a pensare, a pregare, a studiare, a fare domande, a sé e agli esperti.
4. Si risveglierà alla gioia la comunità che accoglie?
I tratti che caratterizzano i catecumeni, cioè lo stupore, la gioia, la spontaneità, il desiderio, sono un dono non solo per il neofita e per chi lo accompagna, ma per tutta la comunità. Il fatto che ci sia un certo numero di uomini e donne che desiderano il Battesimo per diventare cristiani potrebbe far rinascere nei discepoli il desiderio e la gioia di essere cristiani.
Non è un “risveglio” automatico, forse neppure frequente. Può infatti anche capitare che il Battesimo di giovani e adulti sia considerato più una stranezza che un segno per tutta la comunità, più una decisione personale che una manifestazione dell’opera dello Spirito. Una comunità che non è contenta di sé, cristiani che non sono contenti di essere cristiani, saranno disponibili per lasciarsi sorprendere dal Signore? Che cosa può aiutare la comunità, in particolare l’assemblea liturgica ad accogliere la freschezza dei neofiti?
Forse l’attenzione per una celebrazione che sia curata, intensa e sobria perché i neofiti siano inseriti in una comunità che riconosce i segni della presenza del Signore e ne gioisce. Forse l’attenzione per una pratica dell’accoglienza che favorisca il passaggio dalla pratica individualistica all’appartenenza all’assemblea di fratelli e sorelle che celebrano i santi misteri. Forse la proposta proporzionata alla situazione di ciascuno di partecipare alla vita della comunità ed alle sue iniziative per vivere l’esperienza di essere accolti, attesi, preziosi (per il servizio in oratorio, nella catechesi, nelle opere di carità, nella cura per la liturgia, per il canto, ecc.).
Può rinascere dall’alto una comunità quando è vecchia? «In verità, in verità io ti dico: se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio» (Gv 3,5).

