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Nell’abisso del cuore umano le tracce del mistero di Dio

Anniversario del genocidio del popolo Armeno (109°), Chiesa dei santi quaranta martiri. Milano, Chiesa apostolica armena - 24 aprile 2024

24 Aprile 2024

1. Difendersi con l’indifferenza.

La gente non vuole sapere. La gente guarda altrove. Non vuole vedere lo scatenarsi dell’odio che aggredisce gli innocenti. Non vuole sentire parlare del genocidio, dello sterminio sistematico di un popolo. Non disturbateci con le vostre lacrime. Non abbiamo tempo. Non possiamo farci niente. Noi non c’entriamo. Se c’è stato qualche cosa sono stati altri. Non siamo colpevoli di quello che hanno fatto i nostri nonni.
La gente guarda altrove.

 

2. L’insopportabile spettacolo della crudeltà

Si difende con l’indifferenza da uno spettacolo troppo insopportabile. Infatti la storia del genocidio rivela un abisso misterioso e inquietante: che cosa c’è nell’uomo che possa dare origine alla crudeltà? Come è possibile che un odio che gode di vedere gli altri soffrire? che cosa può scatenare una violenza come quella che convince a sterminare un popolo? Possono abitare nel cuore umano mostri spaventosi e uomini per bene diventano torturatori crudeli e scatenano una violenza sconcertante sugli innocenti:
Altri, poi, furono torturati, non accettando la liberazione loro offerta, per ottenere una migliore risurrezione. Altri, infine, subirono insulti e flagelli, catene e prigionia. Furono lapidati, torturati, tagliati in due, furono uccisi di spada, andarono in giro coperti di pelli di pecora e di capra, bisognosi, tribolati, maltrattati – di loro il mondo non era degno! -, vaganti per i deserti, sui monti, tra le caverne le spelonche della terra (Eb 11,35ss).
I figli si vergognano di quello che i loro padri hanno compiuto, cancellano dalla memoria un senso di colpa intollerabile.
Il cuore umano è un abisso incomprensibile.

 

3. Ancora più a fondo, verso il mistero di Dio.

La parola del Signore invita a vincere l’indifferenza, accompagna ad attraversare il trauma tremendo del paese dei mostri che abitano nel cuore umano e conduce oltre, oltre, oltre per riconoscere che nel cuore umano c’è una lotta che può sconfiggere i mostri, contrastare la crudeltà, estirpare l’odio.

La parola del Signore vince la desolazione e fa rivivere i morti:
“La mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella pianura che era piena di ossa; mi fece passare accanto a esse da ogni parte. Vidi che erano in grandissima quantità nella distesa della valle e tutte inaridite. Mi disse: “Figlio dell’uomo, potranno queste ossa rivivere?”. Io risposi: “Signore Dio, tu lo sai”. Egli mi replicò: “Profetizza su queste ossa e annuncia loro: “Ossa inaridite, udite la parola del Signore. Così dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete (Ez 37,1-5).
La potenza di Dio vince la morte.

Anzi la vita, morte, risurrezione di Gesù attesta che proprio la morte è necessaria perché una vita sia feconda. L’immagine del seme è drammatica. Ma è un aiuto a comprendere da dove ci viene la vita: proprio il morire di Gesù è principio di vita nuova:
Gesù rispose loro: “È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna (Gv 12,23-25).
La rivelazione di Gesù fa risplendere la gloria di Dio che sa fare anche della morte un principio di vita.

Illuminati da questa gloria del crocifisso risorto, resi forti dal dono dello Spirito, i discepoli e i giusti d tutti i popoli possono scrivere una storia nuova, dove si manifesta che Dio salva nella speranza.
Tutti costoro, pur essendo stati approvati a causa della loro fede, non ottennero ciò che era stato loro promesso: Dio infatti per noi aveva predisposto qualcosa di meglio, affinché essi non ottenessero la perfezione senza di noi.
Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio. (Eb 11,39-12,2).
La sequela di Gesù ci libera dal pericolo di restare imprigionati nel risentimento e nel dolore e ci rende possibile vivere come gente in cammino, animata dal grande desiderio del compimento delle promesse di Dio. Ecco: lo Spirito di Dio infonde in noi forza, sapienza e ardore per correre verso il regno di Dio alla sequela di Gesù.