Il resoconto dell'indagine 2010

Don Roberto Davanzo

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Il doposcuola è sempre stato un servizio di “confine”. Tra il sostegno scolastico e quello economico, tra l’aiuto a non far sentire i ragazzi “in difficoltà” dei tagliati fuori e l’offerta a quelli stranieri di un’opportunità in più per sentirsi italiani. Sono solo alcuni dei motivi che giustificano il coinvolgimento di Caritas Ambrosiana nel variegato mondo dei doposcuola presenti nelle nostre parrocchie ed oratori. Motivi che hanno come orizzonte l’amore per un futuro che se non saprà declinare il verbo “includere” finirà per offrirci giorni amari, di conflitto e di emarginazione.
Sì, perché la “materia” dei doposcuola è costituita dai ragazzi di oggi, gli uomini di domani. Ragazzi in deficit non solo culturale, ma di collocazione sociale, di speranza, di strumenti capaci di farli sentire riconosciuti, valorizzati, attesi nella grande partita dello sviluppo del nostro Paese che o sarà per tutti o non sarà, che o riuscirà a far sentire il maggior numero possibile di persone coinvolte e protagoniste, oppure genererà solo invidia e risentimento. In questi ultimi anni è tornato di moda il “merito” che si trasforma subito in “meritocrazia”. La cosa di per sé non è un male, almeno fino a che rappresenta un pungolo a dare il meglio di sé, a combattere la tentazione ad “imboscarsi” alla ricerca di scorciatoie da furbetti.
Ma la logica del “merito” smette di essere accettabile nel momento in cui non è capace di tenere conto che non è vero che siamo tutti uguali, che nasciamo tutti uguali con le stesse opportunità. Se al criterio meritocratico non si affianca la preoccupazione di offrire a tutti gli strumenti per concorrere il più possibile a pari condizioni alla gara della vita, allora la logica del merito sarà portatrice di innumerevoli ingiustizie e sperequazioni, di fenomeni di marginalizzazione e di esclusione, con tutto il potenziale di conflitto che questo comporta. I numerosi ragazzi che frequentano i doposcuola sparsi nelle parrocchie e negli oratori della nostra grande diocesi rappresentano questo segmento di umanità a serio rischio di esclusione sociale.
Ragazzi portatori di fragilità di diverso tipo: intellettivo, familiare, culturale, caratteriale. Ragazzi che nella scuola non riescono a trovare il supporto adeguato a colmare queste lacune.
Ragazzi che nei nostri doposcuola trovano molto più che un insegnante di sostegno o un facilitatore linguistico: una comunità che – gratuitamente – mette a loro disposizione competenze e attenzioni educative per dire che a loro noi adulti teniamo, che il loro futuro ci interessa, perché ci interessa il futuro della nostra società. E per fi nire, una parola di gratitudine per i tantissimi volontari che permettono questo servizio tanto anonimo quanto decisivo. Possano sentire nel profondo della loro coscienza il gusto che viene dal sapere che la loro opera rimarrà inscritta per sempre nella vita di questi cittadini del domani e dell’Italia che sarà.

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