Si è svolto sabato 8 novembre 2025, al Centro Pastorale Ambrosiano di Seveso, l’incontro per sacerdoti, consacrati/e ed educatori: un passo significativo nel cammino verso le nuove Linee guida di Pastorale Giovanile, grazie alla presenza di suor Carmela Busia, responsabile della Pastorale Giovanile della Diocesi di Torino, e don Giorgio Garrone, Rettore del Seminario torinese. Tema dell’incontro: “Fraternità che evangelizza”, in che modo la Pastorale Giovanile è vocazionale? Come possiamo costruire una sinodalità missionaria a partire dalla comunione di fede e tra diverse vocazioni?
Letizia
Gualdoni
Servizio per i Giovani e l'Università
Una Chiesa di vocazioni diverse che cammina insieme
L’incontro ha voluto valorizzare l’ascolto di un’altra Diocesi a noi vicina, quella torinese, con cui Milano condivide contesti simili e sfide comuni. La presenza congiunta di suor Carmela Busia, Figlia di Maria Ausiliatrice e responsabile diocesana della Pastorale Giovanile, e di don Giorgio Garrone, Rettore del Seminario, ha offerto da subito un segno concreto della scelta fatta dalla Diocesi di Torino: una Pastorale Giovanile fortemente connessa al Seminario, per custodire la dimensione vocazionale di ogni proposta rivolta ai giovani.
«È bello mettersi in ascolto di vocazioni diverse che si sostengono reciprocamente», è stato sottolineato in apertura da don Marco Fusi. «Suor Carmela e don Giorgio testimoniano un desiderio di comunione tra carismi differenti, un cammino sinodale che vogliamo imparare anche noi». «Questo incontro vuole essere certamente una possibilità di riflessione per il discernimento che vogliamo intraprendere in una dimensione anche più locale, perché ciascuno di voi è qui avendo l’attenzione sul proprio decanato, sulla propria Comunità pastorale. Questo incontro vuole essere un aiuto per le scelte che poi ogni realtà locale può piano piano realizzare nella prospettiva della pastorale giovanile vocazionale e nella prospettiva della sinodalità missionaria, della fraternità che evangelizza, cioè di una comunione di adulti, di vocazioni diverse, di una comunione di fede che diventa poi anche testimonianza».
Una domanda aperta: come sarà la PG nel 2028?
Agli educatori presenti è stata posta subito una provocazione: «Immagina che sia il 2028: che cosa è accaduto nella tua comunità? Che cosa è cambiato nella Pastorale Giovanile, lì, nella tua realtà dove sei, nel tuo oratorio, nella parrocchia, nell’associazione, nel tuo istituto?».
Questa domanda ha orientato la riflessione verso il futuro: quali processi avviare oggi perché la Pastorale Giovanile sia sempre più vocazionale e sinodale?
1. Ogni battezzato è un soggetto di evangelizzazione
Riprendendo l’Evangelii Gaudium (n.120), è stato ricordato che l’annuncio non è opera solo di alcuni “esperti”: «In virtù del battesimo ogni membro del popolo di Dio è diventato discepolo missionario. Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione»
Stima e stupore davanti a ciascun battezzato perché mi evangelizza, e una dedizione continua per coinvolgere tutti… sono i due atteggiamenti fondamentali.
Da qui la scelta di Torino di lavorare attraverso una Commissione di Pastorale Giovanile che riunisce realtà ecclesiali diverse (scout, CL, Sermig, alcuni sacerdoti) per un ascolto capillare delle realtà territoriali: sogni, fatiche, domande, potenzialità.
«La sinodalità presuppone l’ascolto: solo così Dio ci mostra la strada da seguire».
2. La fraternità come primo annuncio
Esiste un solo modo per farci riconoscere. La qualità delle relazioni è il terreno su cui cresce la Chiesa. «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri» (cfr. Gv 13).
Sono necessari stili di vita che testimonino comunione: parole buone, capacità di perdono, gareggiare nella stima reciproca.
«Molti giovani si sono allontanati dalla fede per il modo in cui la Chiesa vive le relazioni. I giovani ammirano relazioni di qualità evangelica». E se può esserci la tentazione della invidia, «chiediamo la grazia di rallegrarci dei frutti degli altri».
3. La qualità prima della quantità
Il rischio della sovrabbondanza di proposte è reale.
«La qualità è garantita quando il parlare di Dio nasce dalla consuetudine a parlare con Dio, dalla cura della profezia, della fraternità (antidoto contro l’individualismo imperante) e del lavorare insieme», è stato evidenziato.
La sinodalità missionaria è per la valorizzazione dei carismi: per attivare questo tratto caratteristico si rende necessaria una conversione del cuore, che costruisca un effettivo sentire comune. «Tutto quello che facciamo e diciamo, come singoli e come comunità si gioca sul modo in cui questo avviene».
4. La simpatia della prima comunità
Se l’anima non è la fede allora non può esserci missione.
L’immagine della “simpatia” della prima comunità cristiana è stata proposta come modello: la gioia vissuta attira e si diffonde. «Se non ci sono comunità credibili verso le quali orientare chi volesse conoscere e sperimentare in che cosa consista la vita cristiana, è praticamente impossibile che qualcuno possa avvicinarsi per fare l’esperienza di una vita trasformata dal Vangelo di Cristo. Non c’è “Chiesa in uscita” se non a partire da una Chiesa viva e accogliente».
5. Il bisogno di casa dei giovani
È stato ribadito che i giovani cercano “relazioni significative” e spazi di autenticità. «La Pastorale Giovanile si rinnova quando rinnova la cura delle relazioni».
Per questo l’accompagnamento deve essere personalizzato, spesso cominciando da rapporti informali, senza fretta né ansia di “portare dentro”. Sono stati richiamati i criteri consegnati da Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium, come bussola per ogni cammino pastorale:
• Il tempo è superiore allo spazio: attivare processi più che occupare spazi; non sedurre i giovani ma accompagnarli. Siamo liberati dalla schiavitù dei numeri («Un’anima sola è una Diocesi abbastanza grande per un Vescovo», diceva Francesco di Sales). C’è bisogno di tempi lunghi.
• L’unità è superiore al conflitto e diventa anello di congiunzione per un nuovo processo: differenze e carismi diventano ricchezza, le relazioni di fraternità sono tra diversi.
• La realtà è più importante dell’idea: non dobbiamo pianificare a partire dalle nostre idee. La realtà è già stata fecondata dai segni dello Spirito. Occorre uno spirito di condivisione e ascolto.
• Il tutto è superiore alla parte: il modello non è la sfera uniforme, ma il poliedro che riflette tutte le parzialità e tiene insieme l’originalità di ciascuno, carismi diversi.
«Dobbiamo scomparire perché Cristo possa mostrarsi: siamo lievito nella pasta».
Verso una Pastorale Giovanile diocesana più unita
L’incontro si è concluso presentando il lavoro del coordinamento della Pastorale Giovanile, con i Cantieri di Pastorale Giovanile, pensati per guardare il mutamento, “sporcarsi le mani” e sapersi insieme, il lavoro delle Commissione-Consulta e dell’equipe di PG. Una struttura che permette con molta pazienza di attivare processi. Nella tentazione di ognuno di essere autoreferenziale, i cambiamenti e le innovazioni rischierebbero altrimenti di essere come fuochi d’artificio che si spengono subito. Il cambiamento spesso è vissuto come una minaccia, ma richiede pazienza e una visione pastorale condivisa: «Quando ci si occupa dei giovani, si ha a cuore tutta la comunità. I giovani sono il nucleo caldo che fa “girare” la vita ecclesiale». Trasmettendo la fede ai più giovani e coltivando la dimensione vocazionale della vita.





