Attraverso un gesto così concreto, vi è il desiderio di sperimentare nuovamente l’abbraccio misericordioso della Sua presenza nella storia

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di Francesco Magni
membro del Consiglio Pastorale Diocesano

 

Manca ormai poco alla visita di Papa Francesco a Milano e quello che domina è l’attesa: un’attesa che non è semplicemente quella per un “grande evento”, ma piuttosto il desiderio di incontrare ancora una volta, lo sguardo di un padre che richiami all’essenziale e confermi nella fede i propri figli.

 

Attraverso un gesto così concreto, vi è il desiderio di sperimentare nuovamente l’abbraccio misericordioso della Sua presenza nella storia, come ha detto Gesù agli apostoli dopo la sua resurrezione: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Un fatto dunque che ci provoca a volgere il nostro sguardo verso l’essenziale, Gesù, perché «solo se viviamo con gli occhi puntati sull’essenziale, Gesù si presenta a noi come il compimento dell’umano e perciò fonte di un nuovo umanesimo» (Sussidio, p. 17).

 

Un’attesa dunque che è già adesso, proprio all’avvio del periodo quaresimale, un invito a riprendere il cammino.

 

Eugenio Montale ha scritto che “in attendere è gioia più compita”. E in un certo senso è vero, ma solo se l’attesa è tutta carica di un presente già pieno di significato. Come scrive Sant’Agostino: «È inesatto dire che i tempi sono tre: passato, presente e futuro. Forse sarebbe esatto dire che i tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. (…) Il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione, il presente del futuro l’attesa».