Il Papa in Duomo ha risposto a tre domande poste da don Gabriele Gioia, presbitero, Roberto Crespi, diacono permanente, e madre M. Paola Paganoni, e ha scelto parole contemporanee per esprimere concetti profondi e complessi con semplicità

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Il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, ha accolto questa mattina in Duomo Papa Francesco in visita pastorale nelle terre ambrosiane. Parlando di fronte ai religiosi riuniti per ascoltare il Papa, il cardinale, riferendosi anche ai recenti drammatici fatti londinesi, ha detto: “Il travaglio in cui viviamo immersi è motivo di conversione delle nostre persone e delle nostre comunità aprendoci alla speranza”.

 

Il Papa in Duomo ha risposto a tre domande poste da don Gabriele Gioia, presbitero, Roberto Crespi, diacono permanente, e madre M. Paola Paganoni, e ha scelto parole contemporanee per esprimere concetti profondi e complessi con semplicità. “Prendere i pesci”, lo “zapping” dei giovani, “le suocere” dei diaconi, alcuni esempi del linguaggio fresco di Papa Francesco che ha conquistato i consacrati che fin dall’ingresso del Santo Padre hanno manifestato la gioia per un evento solenne ma molto spontaneo.

 

L’atmosfera composta dei 4.000 religiosi in Duomo si era scaldata in un lungo e interminabile applauso appena il Papa ha varcato il portone centrale del Duomo, tutti in piedi con centinaia di cellulari alzati sopra le teste. Molte suore hanno agitato le sciarpe, con qualcuna in piedi sulle panche. Francesco ha ricambiato l’affetto salutando tutti nella sua processione lungo la navata centrale fino ai piedi dell’altare.

 

Il primo atto di Francesco in Duomo è stato scendere nella cripta, accompagnato dall’arcivescovo, il card. Angelo Scola, dall’arciprete del Duomo, mons. Gianantonio Borgonovo, dal Cerimoniere e dal Seguito papale. Qui il Papa si è raccolto per un momento di adorazione personale per poi spostarsi nello Scurolo di San Carlo per una sosta di preghiera. Il Santo Padre ha anche incontrato l’arcivescovo emerito di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, in Sacrestia Capitolare. Alle immagini dell’arcivescovo emerito sugli schermi in cattedrale in Duomo si è alzato un applauso emozionato e affettuoso. Risalita la scala dello Scurolo, Francesco ha salutato uno per uno sacerdoti e suore anziani e malati che lo attendevano seduti sulle panche del transetto alla destra dell’altare. Lì un fedele sulla sedia a rotelle gli ha dato la sua papalina e Francesco l’ha presa e gli ha dato la sua. Poi il Papa ha benedetto una statua per l’Ospedale Buzzi e ha ricevuto un dono delle Benedettine, quindi è salito davanti all’altare al centro, dove si è seduto dietro un tavolo assieme all’Arcivescovo per rispondere alle domande, nel corso di un dialogo sui carismi della vita consacrata e sul ruolo dei religiosi nella società.

 

L’incontro è stato aperto dal saluto ufficiale del cardinale Scola: “Siamo grati per la modalità scelta per questo incontro, a forma di dialogo.
Stiamo vivendo un cambiamento d’epoca, e non un’epoca di cambiamenti: allora uscire verso i fratelli e le sorelle uomini, privilegiando gli ultimi, diventa espressione di misericordia che ristora e dà pace”.

 

A questo punto don Gabriele Gioia è andato al microfono e ha posto la sua prima domanda al Papa: “Quali purificazioni e quali scelte prioritarie siamo chiamati a compiere per non perdere la gioia dell’evangelizzazione e non smarrire la gioia di essere popolo credente nel cuore della storia?”. Nella risposta il Santo Padre ha invitato i religiosi a conservare la gioia di evangelizzare: “un evangelizzatore triste è uno che non è convinto che Gesù è gioia”. Il Santo padre ha poi aggiunto: “Non temiamo le sfide. Le sfide si devono prendere come il bue, per le corna. Sono segno di una fede viva. Le sfide ci aiutano a far sì che la nostra fede non diventi ideologica”. E riguardo alla società multiculturale Francesco ha spiegato: “Credo che la Chiesa nell’arco della sua storia ha molto da insegnarci per una cultura della diversità. La Chiesa è Una in un’esperienza multiforme”. Il Papa ha sottolineato l’esigenza di aiutare le nuove generazioni perché “la cultura dell’abbondanza a cui siamo sottoposti offre un orizzonte di tante possibilità, presentandole tutte come valide e buone. I nostri giovani sono esposti a uno zapping continuo. Possono navigare su due o tre schermi aperti contemporaneamente, possono interagire nello stesso tempo in diversi scenari virtuali. Ci piaccia o no, è il mondo in cui sono inseriti ed è nostro dovere come pastori aiutarli ad attraversare questo mondo.  Perciò ritengo che sia bene insegnare loro a discernere”.

 

Rispondendo a Roberto Crespi, diacono permanente, Francesco ha scherzato sul fatto che i diaconi hanno una suocera e ha detto: “Voi diaconi avete molto da dare. Pensiamo al valore del discernimento. All’interno del presbiterio, voi potete essere una voce autorevole per mostrare la tensione che c’è tra il dovere e il volere, le tensioni che si vivono all’interno della vita familiare, voi avete una suocera, per dire un esempio! Come pure le benedizioni che si vivono all’interno della vita familiare. Ma dobbiamo stare attenti a non vedere i diaconi come mezzi preti e mezzi laici. Questo è un pericolo”.

 

Il Santo Padre ha concluso il dialogo con i consacrati rispondendo a suor M. Paola Paganoni: “A me piace la parola “minorità” – così ha esordito Francesco. Normalmente – ma non dico che sia il Suo caso – è una parola che si accompagna a un sentimento: la rassegnazione. Senza accorgerci, ogni volta che pensiamo o constatiamo che siamo pochi, o in molti casi anziani, che sperimentiamo il peso, la fragilità più che lo splendore, il nostro spirito comincia ad essere corroso dalla rassegnazione. E la rassegnazione conduce poi all’accidia…  Mi raccomando, se avete tempo leggete quello che dicono i padri del deserto sull’accidia. È una cosa che ha tanta attualità oggi”.

 

Al termine del dialogo con i consacrati Papa Francesco ha donato al cardinale Angelo Scola e alla città di Milano un calice mentre l’arcivescovo ha ricordato che la Diocesi ha donato al Papa, attraverso la Caritas, 55 abitazioni consegnate a famiglie bisognosi di aiuto. Poi il Papa è uscito dal Duomo tra ali di religiosi che lo salutavano in festa.

 

Fuori dal Duomo

“La nebbia se ne è andata…”, così ha scherzato Papa Francesco all’uscita sul sagrato del Duomo, poco prima della recita dell’Angelus davanti alla folla che lo aspettava dal primo mattino. Nella piazza intanto sventolavano bandiere gialle. E ha continuato: “Le cattive lingue dicono che verrà la pioggia, ma non so… io non la vedo ancora” e ha poi ringraziato tutti per l’affetto, chiedendo ai fedeli preghiere e sostegno.

 

Sulla piazza gremita di 50 mila persone, mentre altre 50 mila hanno affollato le vie circostanti, è sceso un silenzio carico di emozione quando Papa Francesco ha benedetto i pellegrini, tra cui molti stranieri, radunati nel luogo simbolo di Milano, davanti alla cattedrale dedicata a Maria Nascente. Particolarmente significativa questa preghiera, l’Angelus, tradizionalmente recitata la domenica a mezzogiorno a piazza San Pietro, proprio nel giorno in cui la Chiesa cattolica celebra l’Annunciazione dell’Arcangelo Gabriele a Maria.

 

Nelle prime file, fin dal primo mattino, anziani, disabili, molte famiglie con bambini che hanno ingannato l’attesa cantando e chiamando il Papa a gran voce. In piazza anche operatori dell’Amsa, restauratori della Veneranda Fabbrica del Duomo, mamme con il pancione e persino una mamma che allattava la sua bambina, che si sono uniti ai tanti religiosi nel frattempo usciti dal Duomo.

 

Nonostante un leggero ritardo sulla tabella di marcia, il Papa ha poi voluto fare un lungo giro della piazza sulla Papamobile scoperta, toccando tutti i settori e salutando migliaia di fedeli. Grande l’attesa e la gioia anche di giornalisti e fotografi, che hanno gridato a lungo “Francesco, Francesco”, guadagnando il saluto affettuoso del Santo Padre che si è avvicinato a loro.

Ecco le parole del Papa:

Incontro con sacerdoti e consacrati in Duomo

Angelus

Qui il discorso dell’arcivescovo, card. Angelo Scola:

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