Da Rebibbia ad Opera. Tanti anni dietro le sbarre e tanti ancora da scontare. Eppure ogni giorno nel penitenziario milanese Cristiano sconta la sua pena lavorando anche per il Papa, e questo gli dà speranza

1.142899

All’interno di un carcere tutto è così netto, deciso, definito e spesso definitivo. Ma anche in un luogo così può ancora esserci lo spazio per una storia, tra tante, capace di portare un po’ di speranza. È la storia di chi è caduto e prova a rialzarsi. Di chi non vuole che la rassegnazione abbia l’ultima parola.

 

Cristiano, 31 anni è uno dei protagonisti dello spot di benvenuto al Papa #accoglimi #PapaMilano2017. Viene da una terra di camorra e in carcere c’è finito a vent’anni. Prima Rebibbia, poi Avellino. Di penitenziari ne ha girati molti e tanto tempo ancora dovrà passare tra quelle o altre mura. Ma nella casa di reclusione di Opera, dove ora è detenuto, le sue mani, le stesse che hanno fatto del male, ora possono fare qualcosa di buono.

 

È qui che Cristiano, ogni mattina alle 9.00, esce dalla sua cella e si mette al lavoro nel laboratorio di panificazione promosso dalla Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti: un forno speciale, che tra le mura del penitenziario produce ostie per le chiese di tutto il mondo. Poi, alle 16.30, ritorna nella sua cella, in branda, dietro le sbarre. In quelle ore, passate a far cuocere le particole che i sacerdoti consacreranno, Cristiano trova lo spazio per sentirsi accettato nonostante i suoi errori. Nel lavoro che compie per la panificazione, non c’è solo il tempo che passa. In qui gesti, c’è ancora della speranza.