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Il percorso socio-politico si apre il 15 gennaio all’Ambrosianeum con un incontro sul lavoro: un dialogo tra sindacati, esperti e comunità per leggere le sfide della trasformazione digitale e riscoprire la dignità del lavoro

La Diocesi di Milano inaugura il percorso socio-politico Custodire l’umano: terra, casa e lavoro con un incontro dedicato al tema del lavoro, previsto per il 15 gennaio presso la Fondazione Ambrosianeum. Non si è scelto il lavoro come punto di partenza per ragioni pratiche, ma perché è proprio lì, nell’esperienza quotidiana di milioni di persone, che si rendono visibili le dinamiche più profonde e talvolta contraddittorie del nostro tempo: la tensione tra innovazione e fragilità, tra crescita e disuguaglianza, tra tecnica e umanità.
È nel lavoro che si misura la dignità, la possibilità di futuro, la capacità di sentirsi parte di una comunità. È nel lavoro che emergono le ferite della società e, allo stesso tempo, le sue risorse più preziose. Per introdurre questa complessa realtà con uno sguardo concreto e radicato nella vita delle persone, il dialogo iniziale sarà affidato a Fabio Nava, Segretario generale CISL Lombardia, e Antonio Bonardo Presidente Manageritalia. Il loro contributo offrirà una lettura immediata dei mutamenti in corso: la precarizzazione delle professioni, le nuove vulnerabilità legate al lavoro digitale, le tensioni sociali generate da una transizione tecnologica sempre più rapida. Sarà un’introduzione necessaria, capace di dare voce all’esperienza quotidiana dei lavoratori e di porre domande urgenti sul senso del lavoro oggi.

Da queste domande prenderà avvio l’approfondimento di Mauro Magatti, sociologo ed economista dell’Università Cattolica, che guiderà il cuore della riflessione. Proveremo a leggere ciò che sta accadendo come segno dei tempi: come mutamento antropologico, non solo economico; come passaggio epocale che interpella il modo di pensare, di vivere e di credere. Non possiamo limitarci al racconto delle trasformazioni in corso — automazione, algoritmi, piattaforme digitali, nuove forme di impiego — ma è importante comprendere come tutto ciò stia rimodellando l’immagine stessa dell’uomo: la percezione di sé, il rapporto con gli altri, la capacità di costruire comunità e di custodire la propria interiorità.

Per trovare l’orientamento in una stagione così complessa, la riflessione torna inevitabilmente alle radici della Dottrina Sociale della Chiesa. Quando nel 1891 Leone XIII pubblicò la Rerum Novarum, la modernità industriale stava generando una frattura profonda: sfruttamento, povertà urbana, conflitti, disuguaglianze. Quell’enciclica non fu un’analisi tecnica, ma un atto pastorale e profetico: mostrò che la dignità del lavoro non è un tema tra gli altri, ma il cuore pulsante della vita sociale. Difese insieme la libertà e la giustizia, il diritto alla proprietà e il salario equo, la responsabilità individuale e quella comunitaria. Da allora la Chiesa ha continuato a interpretare i passaggi critici della storia: dalla Populorum Progressio (1967), che aprì uno sguardo globale sulle disuguaglianze emergenti, alla Centesimus Annus (1991), che rifletté sulla libertà e sul mercato dopo il crollo dei totalitarismi, fino alla Laudato Si’ e alla Fratelli tutti, che hanno unito ecologia, fraternità e critica delle culture dello scarto.  Oggi questa tradizione incontra una nuova questione sociale: quella della rivoluzione digitale. Papa Leone XIV lo ha affermato sin dall’inizio del suo pontificato, scegliendo un nome che richiama la continuità con Leone XIII. La digitalizzazione non è un semplice avanzamento tecnologico: sta ridefinendo i modi con cui lavoriamo, pensiamo, decidiamo, ci relazioniamo. Le opportunità sono straordinarie, ma altrettanto grandi sono i rischi: disoccupazione tecnologica, alienazione, polarizzazioni sociali, manipolazione dell’informazione, perdita di privacy, indebolimento dei legami comunitari. Per questo la Chiesa propone importanti vie di discernimento: l’etica della tecnologia — perché non tutto ciò che è possibile è anche buono; la centralità della persona — perché nessuna innovazione può valere se sacrifica la dignità; e la solidarietà digitale — perché la nuova economia rischia di creare esclusioni più profonde di quelle del passato.
È proprio in questo contesto che il lavoro torna a essere una lente fondamentale: una cartina di tornasole che permette di capire se stiamo costruendo una società capace di custodire l’umano o se ci stiamo lasciando trascinare da una logica impersonale. Il lavoro può generare libertà, creatività, crescita; ma può anche produrre isolamento, scarto, perdita di senso. Tutto dipende dalle scelte collettive che sapremo compiere.

L’incontro del 15 gennaio rappresenta quindi un momento di discernimento comunitario: non un semplice seminario, ma uno spazio in cui istituzioni, sindacati, credenti, cittadini e operatori sociali possono interrogarsi insieme sul futuro. Il percorso Custodire l’umano nasce appunto per questo: per offrire strumenti di lettura, criteri di valutazione e spazi di dialogo che aiutino a trasformare l’ansia del cambiamento in un’occasione di responsabilità e di creatività sociale.

In allegato la locandina dedicata all’intero percorso socio-politico, con il link per l’iscrizione. Per informazioni: sociale@diocesi.milano.it.