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Vigile del Fuoco, quando professione fa rima con missione

Dietro la perizia, la professionalità e l'esperienza richiesta dai quotidiani interventi d'emergenza c'è anche un'indispensabile dose di umanità: quella che rende questo lavoro una scelta di vita. Ce lo spiega proprio un pompiere

30 Settembre 2008

03/10/2008

di Alfonso RICEVUTO

Ore 8: la campanella suona e una voce dall’altoparlante annuncia squillante: «Cambio Turno». Inizia una nuova giornata per i Vigili del Fuoco. Cambio turno, e non inizio turno. Sì, perché noi lavoriamo ininterrottamente sulle 24 ore, prestando servizio di 12 ore continuative su quattro turni differenti.

In questo modo ogni giorno e ogni notte dell’anno sono coperti dal servizio di soccorso tecnico urgente (per definizione, l’opera svolta dal Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco). Èsufficiente una telefonata al 115 per avviare la cosiddetta “macchina dei soccorsi” per ogni tipologia d’intervento: dagli incendi agli incidenti stradali, passando per i crolli o gli infortuni sul lavoro, fino ad arrivare a un rubinetto rotto o al celeberrimo gattino sull’albero.

Eventi che capitano quotidianamente, anche in un comando piccolo come quello di Como, nel quale presto servizio. Sarà per la particolarità del territorio, che racchiude nella sua seppur modesta estensione ogni tipo di scenario prospettabile: il personale in servizio quotidianamente è preparato a intervenire in ambito lacustre, montuoso, industriale, rurale, stradale e autostradale, cittadino, ferroviario.

Insomma, una o più squadre di professionisti che corrono in aiuto di chi faccia richiesta, ogni giorno dell’anno, festività e domeniche comprese. Una professione che richiede sacrifici, non solo per gli orari e i turni di lavoro. Non è facile avere tutte le doti necessarie, non sono facili gli addestramenti, non è facile l’impatto con gli interventi di soccorso. Èuna via non facile e quindi scomoda per l’uomo moderno, abituato ad avere tutto e subito con il minimo sforzo.

Chi la percorre deve necessariamente avere una carta in più, quella dell’umanità, del rispetto della vita degli altri. E, credetemi, la gente tutto questo lo avverte. Si rende conto che dietro quei gesti così sicuri, immediati, risolutivi, c’è preparazione e conoscenza tecnica, conditi con una buona dose d’esperienza personale che durante un intervento diviene esperienza di tutta la squadra.

Uno dei tanti lati positivi di questa professione è, appunto, il lavoro di squadra, l’intesa che si crea tra le persone che affrontano insieme situazioni difficili, all’apparenza senza soluzione. Èun’intesa che nasce e cresce con il tempo. D’altro canto, ogni turno è come una famiglia: si vive insieme per 12 ore, ci si fida l’uno dell’altro, i problemi di ognuno di noi, nei limiti del possibile, diventano i problemi di tutti. E poi, il-dopo lavoro: non è difficile che i figli dei pompieri crescano insieme e di conseguenza che le mogli dei pompieri siano buone amiche e si scambino opinioni partecipando ai successi e alle sconfitte dei mariti.

La maggior parte di noi ricorda esattamente dov’era e cosa faceva l’11 settembre 2001, data che ha cambiato la storia moderna. Figuriamoci un Vigile del Fuoco. Io personalmente stavo aprendo il pacchettino del mio regalo di compleanno: sì, perché sono nato, ironia della sorte, proprio l’11 settembre.

La memoria, inoltre, ci collega al Piper che si schiantò contro il Pirellone a Milano. Quest’ultimo evento è forse più collegato alla nostra esperienza personale e alle paure che accompagnano noi e le nostre famiglie. Paura. Sembra brutto associare questo vocabolo a un Vigile del Fuoco, ma non scordiamoci che anche noi siamo persone, anche se ci chiamano eroi o angeli.

Sotto quell’elmetto e quel completo antifiamma ci sono mariti, padri, figli che non abbandonano mai il pensiero dei loro cari, pur sapendo che la missione che hanno scelto li spinge ogni giorno ad andare incontro al pericolo per cercare di riportare il sorriso sul volto di quanti l’hanno perso. E anche di fronte a situazioni in cui è difficile sorridere e rientri a casa o in caserma accompagnato dallo sconforto, sai che puoi contare su di una presenza silenziosa, ma fondamentale per tutti noi: padre Carmelo.

Un francescano, volontario nel distaccamento di Dongo, che offre la sua opera come cappellano dei Vigili del Fuoco di Como e ci è vicino nel lenire le nostre preoccupazioni, tendendo la benevola mano del Signore che ci guida amorevolmente affiancandoci nella nostra professione. Professione o missione? Direi più una scelta di vita, piena di soddisfazioni che vanno ben al di là dei sacrifici supportati. È bello alzarsi al mattino e poter dire: «Che bello, vado al lavoro!».