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1 gennaio

Una nuova “sintesi culturale”
per un mondo di pace

La riflessione di monsignor Giovanni Giudici, vescovo di Pavia e presidente di Pax Christi Italia, sul Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale, “Beati gli operatori di pace”

di Rita SALERNO

31 Dicembre 2012

«Armonizzare le molteplici tendenze politiche in vista del bene comune». Nel Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della Pace, questo è uno dei tratti più significativi nell’analisi che ne fa monsignor Giovanni Giudici, a lungo Vicario generale della Diocesi di Milano, oggi vescovo di Pavia e presidente di Pax Christi Italia.

Quali passaggi del Messaggio del Papa per la Giornata mondiale della Pace l’hanno colpita e per quali motivi?
Vi sono alcuni aspetti del Messaggio che riprendono i temi tipici dell’insegnamento pontificio sulla pace. Fondamentale l’iniziale dichiarazione: «In ogni persona il desiderio di pace è aspirazione essenziale e coincide con il desiderio di una vita umana piena, felice e ben realizzata». Interessanti sono altri aspetti sottolineati: anzitutto l’invito finale a una ricca vita interiore come condizione indispensabile all’amore e all’opera per la pace: «vivere con benevolenza», e diffondere «una pedagogia del perdono». Mostrando che occorre operare per una «evoluzione spirituale, un’educazione ai valori più alti, una visione nuova della storia umana». Mi sembra poi significativo il passo in cui il Papa sottolinea l’importanza di una nuova sintesi culturale, che egli ritiene necessaria «per superare tecnicismi e armonizzare le molteplici tendenze politiche in vista del bene comune». Ritengo infatti che il vivere insieme in una società multiculturale richiede strumenti adeguati di conoscenza reciproca, di mediazione delle diversità, di costruzione di sintesi intellettuali e giuridiche più alte. Tra gli altri, metto in evidenza un aspetto innovativo nell’insegnamento pontificio su questi temi, e cioè il richiamo a «considerare la crisi alimentare ben più grave di quella finanziaria».

Nel Messaggio il Papa auspica un «nuovo modello di sviluppo», basato anche sul principio della condivisione, perché solo andare al di là del proprio interesse può dare vita a una civiltà basata sulla logica dell’amore e non del profitto. È davvero praticabile?
Come annota il Papa, si tratta di prendere atto che solo il riconoscerci «in Dio, un’unica famiglia umana» ci può consentire di mettere a frutto tutte le benefiche invenzioni della intelligenza umana. E per converso, ci consente di sfuggire alla confusione e al conflitto che possono nascere dal peccato in tutte le sue forme: «Egoismo e violenza, avidità e volontà di potenza e di dominio, intolleranza, odio e strutture ingiuste». Dunque, la ricerca e la costruzione della pace è la via necessaria per tutti.

Tra i diversi passaggi interessanti, c’è quello relativo ai diritti calpestati dei lavoratori, in cui sembra quasi che il Santo Padre voglia sostituirsi ai sindacati per arrivare a sostenere che occorre perseguire come obiettivo prioritario il diritto all’accesso al mercato del lavoro…
È ora che tutti, con chiarezza, si giunga ad affermare che il lavoro umano è un valore fondamentale per offrire dignità alle persone e dunque per raggiungere un’armoniosa crescita delle società. Troppo spesso, e con eccessiva superficialità, abbiamo pensato che il problema principale sia l’arricchimento delle Nazioni, o addirittura dei singoli individui. La costruzione della pace richiede sia la possibilità di sviluppare la cultura delle persone, sia l’offerta di condizioni nelle quali sia possibile esprimere se stessi mediante l’opera delle proprie mani e della propria intelligenza.

Nel documento si richiama tutti al rispetto della vita dal concepimento fino alla fine naturale, perché chi ama la pace non può tollerare delitti contro la vita. Aspetto non secondario di un vero operatore di pace…
Quando la persona umana è riconosciuta nella sua ricchezza e irripetibile unicità, allora noi siamo sulla via della costruzione della pace. Tutti avvertiamo che è necessario il diritto alla libertà, alla salute, all’espressione libera dei propri ideali, allo sviluppo della propria vita intellettuale. Ma alla base di tutto ciò vi è la vita della persona, vita umana da difendere e da salvaguardare dall’inizio, per tutta la sua durata, fino alla conclusione. Si offende la persona quando si considera la vita umana un semplice fenomeno naturale, una questione puramente materiale.

Benedetto XVI fa riferimento al valore della libertà religiosa nel testo. Chi, a questo punto, è un costruttore di pace?
È costruttore di pace colui che, come afferma il Papa, assume uno stile di vita appropriato, che nel Messaggio viene descritto come una azione illuminata da «azione, compassione, solidarietà, coraggio e perseveranza». Un insieme di atteggiamenti che nascono dalla conoscenza, e dunque ascolto e preghiera, di Gesù che «nella sua esistenza [ha incarnato questi atteggiamenti] fino al dono totale di sé, fino a “perdere la vita”». La pace è dunque da pensare e da volere tutti i giorni, nei nostri quotidiani comportamenti, oltre che nella nostra preghiera, nello studio dei fenomeni sociali e nell’azione per contrastare la violenza, la costruzione e il commercio delle armi, la guerra.