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Caritas

Una casa di accoglienza per padri separati

L’appartamento nella parrocchia San Luca potrà ospitare 5 persone che saranno seguite da due educatori. Intervista a Raffaele Gnocchi, responsabile del progetto “Aus”

di Luisa BOVE Giornalista

18 Gennaio 2011

Aprirà a giorni la struttura inaugurata a metà dicembre e destinata ai padri separati. L’appartamento di 110 metri quadri in zona Loreto (via Niccolò Jommelli 10) di proprietà della parrocchia San Luca, sarà gestito con la regia della Caritas Ambrosiana. Il progetto Aus (Accoglienza uomini separati) è stato realizzato grazie al contributo del Gruppo Ubi Banca e non si limita a offrire posti letto, «ma un percorso di accompagnamento», dice Raffaele Gnocchi, responsabile Area grave emarginazione della Caritas. Si tratta infatti di una «presa in carico globale della persona, con particolare attenzione al tema delle relazioni», a cominciare dal rapporto con gli educatori (presenti la sera dalle 18 alle 22) e magari con i figli, con i quali ricostruire un rapporto. «Aus dovrebbe aiutare queste persone non solo per quanto riguarda l’aspetto abitativo, ma anche sul versante psicologico, sociale, legale e non ultimo spirituale».

Quanti sono i posti letto a disposizione e per quanto tempo può fermarsi un ospite?
Ci sono 5 posti nelle due camere arredate dignitosamente, un piccolo studio, soggiorno, cucina e bagno. Gli ospiti devono fermarsi almeno 6 mesi, perché crediamo che il percorso di reinserimento richieda un minimo di investimento, fino al massimo di un anno. Poi c’è il passaggio a un appartamento autonomo grazie alla collaborazione di altri enti.

Quali i requisiti richiesti?
Devono essere uomini, non necessariamente giovani e con figli, ma con una separazione recente alle spalle. Inoltre devono essere indipendenti dal punto di vista del lavoro, non tanto perché contribuiranno con 200 euro al mese, ma perché l’occupazione è un tassello importante della vita; possono essere residenti a Milano o in provincia, italiani o stranieri.

E come avviene la selezione?
Attraverso un colloquio con l’assistente sociale Elisabetta Di Troia del Sam: per prenotare si può telefonare il pomeriggio dal lunedì al giovedì (tel. 02.58391582). Se ci sono le condizioni dopo il primo colloquio, allora c’è un secondo incontro con la psicologa, che valuta se la persona è idonea a una convivenza o se potrebbe creare problemi. L’ultimo appuntamento è con gli educatori che invitano il candidato a cena e gli fanno visitare la casa, poi la scelta definitiva spetta a lui.

Avete già iniziato ad accogliere qualcuno?
No, perché stiamo completando la selezione. Finora abbiamo incontrato 5 persone, nei giorni scorsi è arrivato un papà che risultava idoneo, ma gli era stato affidato il figlio e periodicamente il sabato e la domenica potrà ospitarlo a casa. Nel nostro appartamento però sono previste solo le visite dei figli, non i pernottamenti… A volte c’è un po’ di pudore a rivolgersi alla Caritas, ma noi diciamo che Aus è uno strumento a disposizione delle persone e chiunque si trovasse in questa condizione non deve vergognarsi, ma telefonare e chiedere ospitalità.

Il progetto Aus può rappresentare un modello da imitare?
Va bene diventare un modello o creare l’occasione perché altri inventino la cena del sabato sera per i padri separati oppure organizzino una gita fuori porta per i minori, ma noi ci muoviamo sul piano pastorale. Esistono già percorsi di accompagnamento spirituale per i separati e i divorziati, ma è necessario fare qualcosa di più, anche offrendo spazi che non siamo estemporanei e aiutando le persone a non rompere quei legami deboli che spesso hanno con la comunità. Se fallisce il progetto familiare, non per questo deve interrompersi anche l’appartenenza ecclesiale e le amicizie. Abbiamo già partecipato a un Consiglio pastorale, ma ci torneremo, per suscitare volontari in parrocchia o in decanato attenti all’attività della casa, entro un anno o due infatti vorremmo come Caritas riconsegnare l’esperienza al territorio.