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6 e 19 aprile e 4 maggio

Un corso sul pluralismo religioso in carcere

La conoscenza come risposta alla radicalizzazione alla base dell’iniziativa articolata in tre incontri e rivolta agli agenti della polizia penitenziaria degli istituti lombardi

30 Marzo 2016

In Lombardia, a gennaio 2016, sono 3630 i detenuti stranieri, poco meno della metà (46,38%) della popolazione carceraria. Molti di loro sono di fede musulmana. È dunque necessario che gli operatori che lavorano negli istituti conoscano le differenti pratiche religiose, i principi che regolamentano l’esercizio del diritto alla libertà religiosa nelle carceri e sappiano anche riconoscere, per prevenirli, i processi di radicalizzazione che possono trovare proprio nei penitenziari un fertile terreno di coltura.

Per questa ragione, per la prima volta, un gruppo di lavoro interreligioso che rappresenta ebrei, cristiani, musulmani e altre fedi, propone sperimentalmente in carcere un seminario di formazione dal titolo «Conoscere il pluralismo religioso nelle carceri italiane». L’iniziativa è stata presentata oggi nel corso di una conferenza stampa nelle sede del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria.

«La risposta alla radicalizzazione in atto va fatta su vari livelli perché è un fenomeno complesso. Occorre un risposta immediata a livello di contenimento e repressione e questo compete alla forze dell’ordine ma ci deve anche essere una risposta culturale e questa consiste nel comprendere il cambiamento che è in atto. Questa corso è una start up che vuole aiutare le persone che vivono una realtà chiusa e per certi versi impoverita come è il carcere a ragionare in questa ottica di società plurale dentro la quale le religioni sono una risorsa e non un ostacolo. Non a caso l’iniziativa è promossa da un gruppo interreligioso: le religioni insieme possono dare un contributo alla società, perché senza di esse non ci sarebbe sviluppo del legame sociale», ha detto monsignor Luca Bressan, vicario episcopale per la Cultura, Carità, Azione e Missione Sociale e presidente di Caritas Ambrosiana.

«La conoscenza è il migliore antidoto alla radicalizzazione negli istituti di pena. È un seme messo nella terra, ci vorrà del tempo perché dia frutto. Ma se non iniziamo non sapremo mai se avremo fatto la cosa giusta. Solo il fatto di esserci ritrovati, rappresentanti di fedi diverse, è la dimostrazione che si può lavorare insieme per un comune obiettivo. È questo l’aspetto più innovativo del progetto» ha sottolineato il rabbino rav David Sciunnach.

«Come la storia degli attentatori dimostra, i fenomeni di radicalizzazione non nascono nelle moschee ma nelle criminalità. Poiché nella carceri arrivano persone che provengono da percorsi criminali sono di per sé luoghi a cui prestare molta attenzione. Occorre evitare dinamiche di ghettizzazione determinate da specifica appartenenze. Questo corso, per la prima volta proposto da un gruppo pluralistico, vuole dimostrare che le religioni insieme possono dare apporto costruttivo», ha osservato Hamid Distefano della Coreis, Comunità religiosa islamica italiana.

Il corso è rivolto agli agenti della polizia penitenziaria degli istituti della Lombardia. Durerà tre giornate e sarà tenuto nei locali del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria (via Pietro Azario 6, Milano) da docenti di differenti fedi e tradizioni culturali.

Il primo incontro, mercoledì 6 aprile, dal titolo “Esperienza religiosa e maturazione umana. Identità religiose ed esperienze della religiosità”, tenuto dal professor Paolo Branca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e da frate Ignazio de Francesco si concentrerà sulle tre grandi tradizione monoteistiche, ebraismo, cristianesimo e islam, mettendo in luce gli aspetti universali e particolari di ognuna di esse.

La seconda lezione, martedì 19 aprile, dal titolo “La libertà di religione in una società plurale”, tenuta da un team di docenti coordinati dal professor Silvio Ferrari dell’Università Statale, affronterà alcune questioni pratiche come la possibilità di consumare cibi che rispettino i divieti religiosi, di ricevere assistenza religiosa e spirituale da parte di personale esterno.

Il terzo seminario, mercoledì 4 maggio, intitolato “Educarci alla misericordia, ovvero il sogno della libertà”, coordinato da Hamid Roberto Distefano della Comunità religiosa islamica italiana (Coreis), svilupperà il tema del rapporto tra etica e religione nelle diverse tradizioni. 

Il ciclo di incontri, promosso dal Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, è realizzato da un team di esperti sostenuti da Caritas Ambrosiana, Diocesi di Milano, Comunità Ebraica di Milano, COREIS Italiana, Università del Sacro Cuore di Milano, Università degli Studi di Milano – Dipartimento di scienze giuridiche “Cesare Beccaria” e Veneranda Biblioteca Ambrosiana.