Non può non continuare a suscitare preoccupazione la possibilità di tenere aperti negozi e supermercati 24 ore su 24 e sette giorni la settimana. La prima realtà da salvaguardare, infatti, è il tempo domenicale e il suo significato intrinseco: dare spazio – e insieme, in forma comunitaria e sociale – alla festa e al riposo.
La domenica sancisce un tempo nuovo, “alternativo” per tutti. E, come tale, da condividere, non da vivere isolatamente, ciascuno per sé. Per questo, da quasi due millenni ormai, è iscritto nei calendari, cioè nei ritmi fondamentali del vivere comune. Un tempo che per questo non può essere considerato alla stregua di un "vuoto" disponibile a essere colmato dei più disparati contenuti. La domenica è tempo donato, che a sua volta ha molto da regalarci, anche oggi. Trabocca di gratuità. È custode di ritmi arcani che dicono di fede nel Signore di tutta la storia, dell’esigenza di una santificazione del tempo che ben più che obbligo è riconoscimento di una grazia sovrabbondante, umanizzatrice. Qui sta anzitutto il segreto della domenica, di cui non possiamo privarci, se non al prezzo altissimo dello sminuire noi stessi, attenuando il richiamo forte e insostituibile delle domande fondamentali del vivere e rassegnandoci ad acquistare – in cambio? – qualche oggetto o qualche divertimento in più.
Non casualmente la domenica è il primo dei giorni, ad affermare che tutto il resto del tempo, del vissuto, viene dopo. Che prima del commercio, dell’economia, dell’utile – tutte cose apprezzabili, per carità, vi dedichiamo già una parte non piccola della nostra vita… – c’è altro. Da vivere e perennemente da riscoprire. La domenica svela e rende praticabile, così, l’altra dimensione del tempo e della vita, quella non commerciabile: la gratuità. Un tempo non soltanto libero, ma liberato anzitutto dai ritmi e dai ruoli prestabiliti di cui è inevitabilmente intessuta la ferialità. Una grande occasione, quindi, di riscoprire la profondità di relazioni intense e insostituibili come quelle familiari, educative, amicali, aperte – se autentiche – ad altre ancora, come quelle comunitarie e sociali.
Per queste e mille altre ragioni, non ci venga sottratta la domenica. Ci saranno le eccezioni, sul piano lavorativo; si dirà che ci sono servizi come quelli alla salute, i trasporti, lo spettacolo, che non possono essere interrotti. Ma neppure in questi campi è richiesto che tutta la domenica e tutte le domeniche siano impegnate. Cosa che invece potrebbe accadere nel commercio: basti pensare al negozio a conduzione familiare che si vedrebbe costretto a dilatare a dismisura l’orario giornaliero e a uguagliare ogni giorno della settimana all’altro, per sette giorni su sette, per non venir sopraffatto. E, dal lato di chi compra, al fascino di una domenica interamente trascorsa in un centro commerciale. Davvero indispensabile promuoverlo?