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Milano

«Sarò collaboratore della gioia»

Le parole con cui monsignor Brambilla ha fatto seguito all’annuncio del cardinale Scola. I “segni” speciali che già lo legavano a Novara e il ringraziamento a tutte le persone incontrate lungo il cammino

di Pino NARDI

24 Novembre 2011

«In questa seconda settimana dell’Avvento ambrosiano, in cui la liturgia ci fa contemplare il mistero dei figli del Regno, ho la gioia di annunciarvi che Sua Santità Benedetto XVI ha nominato vescovo di Novara Sua Eccellenza monsignor Franco Giulio Brambilla, vescovo ausiliare dell’Arcidiocesi di Milano». Con queste parole il cardinale Angelo Scola, ha annunciato oggi alle 12 alla Diocesi di Milano la nomina di monsignor Brambilla. Un lunghissimo applauso ha accolto la notizia in Arcivescovado. All’annuncio erano presenti, oltre al personale della Curia, i familiari del nuovo vescovo di Novara, una rappresentanza di Missaglia (suo paese natale in provincia di Lecco) guidata dal parroco don Albino Mandelli, don Eugenio Folcio (attuale parroco di Olginate, dopo essere stato coadiutore di monsignor Brambilla a Missaglia) e una delegazione della Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale (di cui Brambilla è preside).

Il cardinale Scola ha ricordato la biografia e gli impegni pastorali e di teologo in questi anni al servizio della Chiesa ambrosiana. E lo speciale legame tra la Diocesi di Milano e quella di Novara. «Il 23 settembre 2007 è stato ordinato vescovo dal cardinale Tettamanzi e ora viene chiamato, dal disegno della Provvidenza, a reggere la Diocesi di Novara. All’origine di questa venerabile Chiesa è possibile rintracciare il legame che la unisce con la Chiesa di Milano. Infatti, alla fine del secolo IV, il vescovo di Milano, in accordo con il potere imperiale, decise di erigervi la sede vescovile».

Lo attende un compito impegnativo: «Il ministero episcopale è una responsabilità di non poco conto – ha sottolineato l’Arcivescovo -. Voi tutti sapete bene che, al di là dei luoghi comuni, la vita del vescovo e l’esercizio del suo ministero oggi si presentano come particolarmente gravosi e delicati. La Chiesa, chiamata a lasciar trasparire il volto salvifico di Cristo a favore di tutti gli uomini, risente, negli uomini che la compongono, dell’intenso travaglio dovuto ai cambiamenti radicali, più inediti che epocali, che caratterizzano questo inizio di nuovo millennio. Il travaglio però non indica un percorso senza via di uscita con un esito negativo. Al contrario: la sofferenza che lo caratterizza è attraversata dalla speranza della vita a cui tende».

E poi il saluto finale con la riconoscenza dell’intera Chiesa di Ambrogio e Carlo: «Sostenuto da questa “speranza affidabile” Sua Eccellenza Franco Giulio, accogliendo con spirito di obbedienza la decisione del Santo Padre, si accinge a questo nuovo compito. Per la vicinanza del Signore e di Maria Santissima il suo passo, accompagnato dall’affetto del popolo di Dio che è in Novara e dalla comunione dei fedeli della sua diocesi di origine, la nostra benedetta Chiesa ambrosiana, gli sarà lieve».

«Ho accolto con emozione e grande trepidazione la nomina a Vescovo della Diocesi di Novara, che la benevolenza di Papa Benedetto XVI ha voluto affidarmi. Sono grato al Signore Gesù e al Papa che mi ha scelto, portando a compimento il dono dell’episcopato che ho ricevuto quattro anni fa dalle mani dell’amato cardinale Dionigi Tettamanzi». Sono le prime parole pronunciate da monsignor Brambilla dopo l’annuncio del Cardinale.

«Mi incoraggiano a intraprendere il servizio di “collaboratore della gioia” (2Cor 1,24) di questa Chiesa locale tre segni che sto scrutando in questi giorni di attesa. Il primo segno è il più antico, ma è denso di significato: ho abitato in questi ultimi cinque anni presso la Basilica di San Simpliciano, maestro e primo successore di San Ambrogio, che ha ordinato San Gaudenzio, patrono e fondatore della Chiesa di Novara».

Il secondo segno «è pieno d’affetto – ha detto con una punta di commozione – alla mia ordinazione episcopale ho voluto come ministro conconsacrante il vescovo monsignor Renato Corti, che per 20 lunghi anni ha impresso alla Chiesa novarese il segno di una dedizione e spiritualità profonde. Negli anni della mia giovinezza è stato il padre spirituale dei primi anni di teologia nel Seminario di Saronno».

E il terzo segno: «Il più umile, ma è per me affollato di volti e di amicizie: per 36 anni ho fatto da aiuto parroco estivo a Rima, una piccola parrocchia della Diocesi di Novara in alta Valsesia. Non avrei mai neppure sognato che nell’ultimo tratto della mia vita quella piccola parrocchia, dove da professore andavo per imparare a fare il prete vicino al cuore della gente, sarebbe diventata il punto di partenza per andare a Novara».

Non potevano mancare i ringraziamenti del nuovo vescovo di Novara a chi ha incontrato lungo il suo cammino: «Ai miei grandi maestri tra cui mi è caro ricordare don Giovanni Moioli, don Luigi Serenthà e don Pino Colombo». E ancora: «In particolare ricordo i miei compagni di classe, e tutti gli Arcivescovi che mi hanno accompagnato, dall’indimenticabile card. Montini, al card. Colombo che mi ha ordinato, al card. Martini che è stato il vescovo della mia maturità sacerdotale (e che gli ha mandato un messaggio affettuoso, ndr), al nostro amato cardinale Tettamanzi, che mi ha voluto come suo ausiliare e a cui mi legano intensi rapporti di affetto. A lui debbo molto e gli mando un affettuoso e grato saluto, dopo essere stato a trovarlo. Mi è cosa gradita aggiungere un particolare saluto e ringraziamento a lei Eminenza che, in questo breve intervallo di tempo dalla sua nomina al suo ingresso, ho avuto il dono di vedere e con cui ho parlato più volte, trovando sempre una cordiale comprensione e vicinanza, come tra due colleghi di militanza teologica». 

«Una gratitudine speciale» va anche alla Chiesa italiana, «in particolare alla Conferenza Episcopale, per la benevolenza e le possibilità offertemi in questi anni di comune riflessione pastorale», nelle persone del presidente, cardinale Bagnasco, e del segretario, monsignor Crociata.

Infine, un grazie sincero a «questa Chiesa di Milano, così ricca di risorse e di figure, di laici e famiglie esemplari, di religiosi e religiose testimoni di Dio, di preti e diaconi dediti con grande generosità alla pastorale ordinaria a servizio della vita delle persone».