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Liturgia

Nuovo Evangeliario in fase di elaborazione

Il cardinale Tettamanzi l'ha promulgato lo scorso 11 giugno. Anche grandi artisti stanno collaborando alla realizzazione curando la parte iconografica

18 Luglio 2011

È in avanzata fase di elaborazione il nuovo Evangeliario ambrosiano, promulgato dal cardinale Tettamanzi lo scorso 11 giugno e curato, nella sua veste grafica, dallo Studio Cerri e associati (di cui anticipiamo una pagina). Il testo sarà infatti corredato da tavole di grandissimo valore artistico grazie al coinvolgimento di veri maestri. D’altra parte è innegabile il valore liturgico di questo volume che contiene il Vangelo e che viene portato in processione e incensato durante le celebrazioni con grande solennità.
Ora, grazie ai grandi artisti che vi hanno lavorato, il nuovo Evangeliario risplenderà in tutta la sua bellezza. L’iconografia che accompagna tradizionalmente i Vangeli è ricca di numerosi esempi nella storia, la cui classicità si deve necessariamente coniugare con l’attualità. «Il nostro desiderio – sottolinea il gesuita padre Andrea Dall’Asta, direttore della Galleria San Fedele di Milano – è quello di potere esprimere, grazie all’immagine, il mistero di Dio attraverso alcuni episodi salienti della vita di Cristo, nella sua pienezza e ricchezza di senso, traducendolo nelle forme espressive del nostro tempo, senza tradire lo spirito di una tradizione che ci è stata consegnata». Una bella sfida di cui presto vedremo i risultati.
Non è certo una novità che la Chiesa commissioni opere d’arte e sa che in questo ha una grande responsabilità. L’artista infatti deve saper trasmettere molto attraverso l’immagine, aiutando il credente ad aprirsi al trascendente e ad avvicinarsi al mistero di Dio. Questa esperienza di fede in realtà coinvolge non solo l’osservatore, ma lo stesso artista, che dovrà lasciarsi interrogare prima di mettersi al lavoro e consegnare la sua opera alla storia.
All’artista, dice ancora Dall’Asta, «è richiesto un profondo atteggiamento di umiltà, un desiderio di entrare in quell’orizzonte di senso, al di fuori del quale può farsi solo un narratore di historiae, ma senza parlare realmente di quello per cui è stato chiamato a raffigurare».