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Le «Storie di Gesù» di don Ciccone

La parrocchia di San Giovanni Battista a Sesto San Giovanni ricorda don Raffaello promuovendo la pubblicazione di una raccolta dei racconti-midrash che inviava agli amici quale augurio natalizio o pasquale. Nella prefazione al volume (Centro Ambrosiano, 264 pagine, 16,90 euro) il cardinale Tettamanzi scrive: «Mi auguro che la lettura possa far conoscere uno dei “santi minori” della Chiesa di Milano»

21 Aprile 2016

Ogni anno, a Natale e Pasqua, don Raffaello Ciccone (1935-2015), dal 1995 al 2010 responsabile dell’Ufficio diocesano per la Vita sociale e il lavoro, era solito consegnare agli amici “Storie di Gesù”. Era il suo modo di fare gli auguri e tutti, in parrocchia, aspettavano con una certa trepidazione questo momento per sapere quale personaggio del Vangelo o della fantasia sarebbe stato il protagonista del racconto e attraverso quali vicende sarebbe passato. In realtà non erano semplici favole. Lui ci teneva a chiamarle midrash, cioè a farne percepire il legame con la Sacra Scrittura e a evidenziarne lo scopo educativo ed ermeneutico.

Ora i racconti scritti da don Ciccone dal 1995 al 2015 sono raccolti nel volume «Le  storie di Gesù. Midrash» (Centro Ambrosiano, 264 pagine, 16,90 euro). È il modo scelto dalla comunità parrocchiale di San Giovanni Battista a Sesto San Giovanni, per ricordare il “suo” don Raffaello. «Queste pagine trasudano la semplicità e la verità della Bibbia – scrive nell’introduzione don Franco Motta, parroco di San Giovanni Battista -; sono come un “quinto” Vangelo che racconta, nelle tonalità dell’immaginario, ciò che il Vangelo non narra, ma che non gli è assolutamente estraneo».

«Don Raffaello è stato un uomo che ha attraversato questo nostro mondo con grande serietà e profondo senso della solidarietà – scrive nella prefazione il cardinale Dionigi Tettamanzi, Arcivescovo emerito di Milano -. Si appassionava alle problematiche anche molto complesse e sapeva soffrire – quasi arrabbiarsi e patire – di fronte a certe durezze del mondo politico e finanziario incapace di corrispondere alle esigenze anche elementari della giustizia e della dignità della lavoratrice e del lavoratore. Aveva il culto dell’amicizia e ci teneva con forza alla franchezza nei rapporti umani: si prendeva cura delle persone e in particolare dei poveri, degli ultimi, degli “scartati”. È stato per tutti amico, maestro, educatore. Soprattutto testimone». «Mi auguro – conclude il Cardinale – che la lettura di questo libro possa far conoscere uno dei “santi minori” che hanno attraversato come un filo d’oro il vissuto quotidiano della Chiesa di Milano».