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Duomo di Milano

La tradizione della Nivola

Uno scenografico "ascensore", che la leggenda popolare vuole ideato da Leonardo, ancor oggi usato dall'Arcivescovo per far calare tra i fedeli il Santo Chiodo.

di Luca FRIGERIO

11 Settembre 2012

Oggi, come quattrocento anni or sono, all’epoca del Borromeo, l’arcivescovo, nel sabato precedente la solennità, prima dei vespri sale con la «nivola» a prendere la reliquia , riportandola a terra tra il canto delle litanie dei santi e la lettura del Vangelo della Passione del Signore. Per tutta la domenica il Santo Chiodo rimane esposto sull’altar maggiore, mentre nello stesso pomeriggio l’arciprete del Duomo, accompagnato dal Capitolo e dalle confraternite, lo porta in processione lungo la navata del Duomo. Solo dopo la messa vespertina del lunedì successivo, il sacro ferro viene riportato nella sua alta custodia, dove rimane fino all’anno seguente.

Particolarmente suggestivo è il rito della «nivola», che fa letteralmente rimanere col naso per aria e a bocca aperta i fedeli accorsi in Duomo. Si tratta di una sorta di "ascensore", per quanto assai caratteristico, il cui aspetto, oltre che il suo leggero movimento, ricorda senza dubbio quello di una grossa nube che si alza verso il cielo. Tutto ciò ha fatto sì che fin dall’epoca di san Carlo, tale congegno fosse ribattezzato dal popolo con il termine dialettale di nivola (nuvola, per l’appunto), nome che ormai, con il passare dei secoli, èdiventato ufficiale.

Mosso da un congegno di funi e carrucole azionate da un duplice argano, la «nivola» su cui prende posto l’arcivescovo per salire fino al reliquiario del Santo Chiodo fu ideato, secondo una diffusa tradizione, da Leonardo da Vinci. Ma anche se il geniale inventore toscano collaborò effettivamente al cantiere della Fabbrica del Duomo sul finire del XV secolo, sembra assai più probabile che tale congegno sia stato ideato dagli architetti di fiducia di san Carlo Borromeo, che quindi dovette sperimentare per primo.

Nella sua forma attuale la nivola, così come l’artistica croce che accoglie la teca del Santo Chiodo,risale all’epoca del cardinal Federico Borromeo: rivestita di tela e ornata di pitture che raffigurano angeli e cherubini, fu dipinta dal Landriani nel 1612, e da allora fu più volte restaurata. Lungo tre metri e largo poco meno,il bizzaro «ascensore» pesa circa otto quintali. Eppure allo stupito fedele par sempre di vedere innalzarsi una tenue voluta d’incenso