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Milano

In fuga dalla guerra,
accolti alla “Grangia”

Nel piccolo borgo di Monluè (dove un’ala dell’antica cascina potrebbe essere recuperata per l’Expo 2015) vivono diversi ragazzi scappati per motivi politici o religiosi dai loro Paesi: sono aiutati da operatori, suore di Maria Bambina e parrocchiani

di Luisa BOVE

28 Aprile 2013

Quella del 1° maggio è la giornata più attesa. Gita per tutti: ospiti, suore, operatori, volontari, soci… Stiamo parlando della “Grangia di Monluè”, l’associazione onlus nata nel 1986 per volontà del cardinal Martini e che accoglie rifugiati politici. La meta per la tradizionale passeggiata di primavera è già decisa: quest’anno andranno ai Corni di Canzo, con pranzo al sacco, barbecue e l’immancabile partita al pallone. «Ci stiamo già organizzando con le auto ed è sempre una giornata vissuta in amicizia, anche per gli ex ospiti con i quali siamo rimasti in contatto», spiega la coordinatrice Paola Spagni. Un momento di festa con partecipanti di ogni età, dai 60 anni agli ultimi nati, figli di operatori o volontari.

La struttura sorge in un borgo alle porte di Milano nel quartiere Forlanini, proprio accanto all’Abbazia degli umiliati dove è stata restaurata di recente la splendida sala capitolare affrescata del 1200. Il Comune di Milano, tra le 16 cascine in bando destinate al recupero in vista dell’Expo 2015, ha scelto anche la Grangia di Monluè e la parrocchia di San Lorenzo ha già presentato un progetto per una parte dell’antico convento da utilizzare a scopi sociali.

La casa di accoglienza per rifugiati è gestita da una piccola comunità di suore di Maria Bambina, con suor Vincenza Cornolti in testa, che si occupano del buon funzionamento della casa, della cucina e del guardaroba. Ma la loro è anche una presenza educativa e un punto di riferimento per tutti. “La Grangia” ospita 22 stranieri: 15 inviati dal Servizio di protezione richiedenti asilo politico e rifugiati (Sprar) e 7 arrivati su segnalazioni del Sai (Servizo accoglienza immigrati di Caritas ambrosiana) o altre associazioni del privato sociale. I giovani – che possono avere un’età compresa tra 18 e i 40-45 anni – attualmente vengono da Afghanistan, Pakistan, Somalia, Camerun, Libia, Gambia, Senegal, Costa d’Avorio, Eritrea. «Si fermano dai 3 ai 6 mesi, ma i casi più disperati fino a 8», dice Spagni.

I motivi della fuga dal loro Paese di origine sono politici o religiosi. Si tratta spesso di persone perseguitate (a volte tutta la famiglia), perché hanno opinioni politiche diverse da quelle del regime o della dittatura. «Abbiamo avuto anche nigeriani di minoranza cattolica scappati dal loro Paese, un ospite aveva perso i genitori e la sorella durante l’attentato in una chiesa», ricorda la coordinatrice. «Gli afghani per esempio scappano perché si ribellano ai vari commandi militari, ai talebani… Se restano nel loro Paese rischiano la vita e quando ricevono minacce alla fine mollano tutto e scappano, non solo per salvare se stessi, ma anche per evitare ritorsioni ai familiari, moglie e figli». Quando in Italia riescono a lavorare, inviano denaro a casa, ma in questo momento di crisi diventa sempre più difficile.

Gli ospiti accolti dall’associazione hanno regole da rispettare: dopo colazione lasciano la casa («a meno che non stiano bene o abbiano fatto il turno di notte») e rientrano dopo le 17, poi cenano tutti insieme. Se rimanessero alla Grangia tutto il giorno, il rischio è che si adagerebbero sui loro problemi, «invece vengono stimolati a uscire e a cercarsi un lavoro», dice Spagni. Anche gli operatori li aiutano nella ricerca di borse lavoro o piccole occupazioni, ma ora il mercato offre ben poco: servizi di pulizie, lavapiatti, carico e scarico di merci, scaffalisti nei supermercati o discount… «Spesso il problema dei nostri ospiti è la scarsa conoscenza della lingua italiana – ammette la coordinatrice -, anche chi arriva con un titoli di studio o una laurea (come il pakistano laureato in Gestione delle risorse umane) non ha chance. Una volta i nostri giovani riuscivano a trovare un posto come pizzaioli, panettieri e aiuto cuoco, ma adesso ci sono solo lavori ai livelli più bassi». Grazie a una quarantina di volontari l’associazione organizza attività due sere alla settimana.

La Grangia, che è già ben inserita nel territorio, ora può contare anche sulla presenza dell’Unità pastorale del Forlanini. «Per l’animazione del giovedì sera infatti arrivano molti giovani dalle parrocchie vicine e propongono giochi e indovinelli e si crea sempre un bel clima, tanto che a volte si fermano anche gli operatori. Per gli ospiti sono momenti di svago importanti, vista la situazione che hanno alle spalle e i problemi che devono affrontare ogni giorno». Per altre serate a tema intervengono don Giancarlo Quadri per l’aspetto religioso, un avvocato per le questioni legali, due medici per la prevenzione di malattie infettive, informazioni sul servizio sanitario, il medico di base… Altri giovani volontari invece si dedicano alla scuola di italiano organizzata il lunedì sera in un rapporto uno a uno tra insegnante e allievo e spesso nascono anche belle amicizie.

L’esperienza della Grangia è stata scelta per la Campagna dell’8 per mille per la Chiesa Cattolica, ma l’associazione si sostiene anche attraverso a donazioni e il 5 per mille (C.F. 97076250154).