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Pellegrinaggi

Il pellegrinaggio in Israele e per Gesù

Il testo è tratto da: Massimo Pavanello – Paolo Sartor, “L'ABC del pellegrinaggio”, Ed. San Paolo

15 Giugno 2011

Se il peregrinare, come si è visto, è tipico della specie umana come tale, certo esso qualifica la religiosità ebraica e cristiana in particolare. Troviamo le radici storiche di tale pratica nella Bibbia, sia quando essa ci parla di Dio, sia quando rivela la natura, la vocazione e le vicende dell’umanità.
 

Il capostipite: Abramo

La manifestazione dell’intento salvifico di Dio nei confronti dei suoi figli si ha anzitutto con la vicenda di Abramo. Dio si rivolge a lui inaspettatamente e gli comanda di lasciare la propria terra per raggiungere quella che Dio stesso gli indicherà. Da questo momento in poi Abramo, sua moglie Sara e il suo clan esplorano buona parte della zona che oggi chiamiamo Siria e Palestina. Non manca neppure una puntata in Egitto, una delle principali potenze economiche e militari dell’epoca (sec. XIX a.C.). Spinto da rinnovate promesse di Dio, il patriarca biblico in certi momenti appare quasi unicamente come una persona che segue la parola dell’Eterno e di tanto in tanto colloca una pietra sulla quale compie un sacrificio, inaugurando in tal modo un piccolo santuario nei luoghi in cui ha incontrato il Signore e stretto alleanza con lui. Un destino particolare e non certo casuale. Si comprende che per ebrei, cristiani e musulmani egli divenga fino a oggi il paradigma del credente. .
 

In cammino nel deserto

Un altro riferimento decisivo per l’intera storia della salvezza è l’uscita del popolo dall’Egitto sotto la guida di Mosé. Quello dell’esodo è «un pellegrinaggio di gran lunga più importante degli altri, perché non ha lo scopo di offrire a Dio dei sacrifici, ma quello che Dio diventi il Dio di Israele e che Israele diventi il popolo di Dio» (P. De Benedetti). Come afferma il libro del Levitico: «Camminerò in mezzo a voi, sarò vostro Dio e voi sarete il mio popolo» (Lev 26,12 .
 

Alle radici: un Dio pellegrino?

Questo testo è interessantissimo, perché ci consente il rinvio a un’esegesi rabbinica che mette in bocca a Dio stesso le parole del Salmo 119,19: «Io sono straniero [= pellegrino] sulla terra». C’è dietro l’idea che Dio è alla ricerca dell’uomo (per usare il titolo di una famosa opera di Abraham J. Heschel): la meta del pellegrinaggio non può essere raggiunta se non vanno insieme l’uomo e Dio. In altre parole, l’uomo cammina verso Dio, ma anche con Dio; perché il pellegrinaggio del Signore consiste nella ricerca che questi fa dell’uomo. «L’uomo è aiutato da Dio, ma l’uomo aiuta Dio», ha affermato lo studioso P. De Benedetti. .
 

Salendo a Sion

Nell’ebraismo successivo il pellegrinaggio è visto, più che come un gesto di devozione, come adempimento di una legge (cf. soprattutto Dt 12,5.21; 16,6; 26,2). A Gerusalemme, la città santa, dove Salomone costruisce il Tempio, si deve andare a piedi; i pellegrini sono ospitati gratuitamente in ostelli, ma regalano agli albergatori le pelli degli animali immolati al tempio in sacrificio. Nasce di qui una spiritualità: sono famosi i quindici salmi delle ascensioni, legati appunto al pellegrinaggio e alla salita al monte del tempio del Signore (Sal 119-133). Ma alla base di questa legge sta ancora il cammino di quarant’anni nel deserto compiuto dal popolo uscito dall’Egitto. Che resti il riferimento permanente, lo mostra la festa delle capanne. Essa prevede che la famiglia – oltre ad alcuni riti al tempio e oggi in sinagoga – viva alcuni momenti della vita familiare in una capanna, appunto, che nelle moderne città può diventare una veranda o una casetta di legno. Questa pratica riaggancia ovviamente il popolo che normalmente vive in città stabili e in case in muratura alle tribù che trascorsero quarant’anni nel deserto, montando ogni sera l’accampamento e ripartendo ogni mattino con le loro poche cose per una tappa successiva. Il popolo ebraico, dunque, come nazione pellegrina, popolo in cammino. .
 

Il ragazzo Gesù, pellegrino

I questo contesto culturale e spirituale non stupisce che Gesù appaia spesso come pellegrino. Anzi, tecnicamente, la sua prima manifestazione a Gerusalemme ricordata dai vangeli è proprio in occasione di un pellegrinaggio annuale nella città santa (cf Lc 2,41-50). I ragazzi si muovevano tra loro nella carovana, ricongiungendosi con gli adulti la sera. Ed è così che i genitori di Gesù non lo trovano, si preoccupano e tornano in città a cercalo. Egli si trova nel tempio, ad ascoltare e interrogare i dottori della Legge. E’ interessante questo legame tra ricerca spirituale (le domande di Gesù ai maestri), il tempio, e il pellegrinaggio. .
 

Il maestro Gesù, viandante

Ma è soprattutto durante il suo ministero pubblico (durato tre anni per i Sinottici, uno per Giovanni) che il Maestro si mostra come un personaggio in continuo cammino. Passa per le colline e sulle strade della Galilea, entra nei villaggi, si ferma in qualcuno di essi anche per la notte, riprende la strada, fa incontri con le persone, si accompagna ai discepoli e di fronte a loro compie prodigi, ricerca momenti di solitudine e di preghiera. Anche oggi uno dei modi più interessanti di visitare la Terrasanta è percorrendo qualche tratto a piedi, come Gesù e gli apostoli, come Maria e le persone del I sec. d.C. Poiché appunto il Redentore, Gesù Cristo, si spostava a piedi, la fatica del pellegrinaggio si esprime concretamente nel camminare: in questo modo non si è spettatori di quanto avviene all’esterno, ma ci si immerge nell’ambiente e si verifica se stessi sul sentiero. Come afferma la Scrittura: “Beato chi trova in te la sua forza – e decide nel suo cuore il santo viaggio” (Sal 84). .
 

Il risorto Gesù, il precedente

Significativo è poi il cammino che conduce Gesù a Gerusalemme, quando il Maestro “indurì la sua faccia” (cf. Lc 19,28) disponendosi ad affrontare il pericolo incombente e a donare la vita. E una sorta di specialissimo viaggio o pellegrinaggio, limitato nello spazio ma dilatato nella devozione dei secoli successivi, è la via crucis, che a Gerusalemme è ricordata dalle strade che formano la cosiddetta Via dolorosa dall’angolo della Fortezza Antonia al Santo Sepolcro. E’ evidente l’intento esemplare del cammino di Gesù, affinché i discepoli imparino ad affrontare le avversità, per amore del Vangelo, senza lasciarsi frenare dall’odio, l’incomprensione, la solitudine, l’offesa, il disprezzo, la sofferenza fisica e psichica.
Ma non si ferma qui, il Gesù pasquale. Risorge e – per bocca dell’angelo – dà appuntamento ai suoi in Galilea, da dove tutto era cominciato (cf. Mt 28,6-7). Alla luce dalla pasqua, è infatti possibile recuperare tutto il percorso spirituale compiuto fino a quel momento. Si tratta inoltre della “Galilea delle genti”, proiettata tra i territori pagani, dove l’annuncio del Regno deve giungere e dove il Risorto spinge I suoi, promettendo loro l’assistenza del suo santo Spirito. .
 

Seguendo Gesù

Nel suo insieme, poi, la vita dei cristiani si qualifica come un cammino, come “la via” che i credenti sono chiamati a percorrere da Gesù. Gli Atti degli Apostoli rappresentano, sotto questo profilo, il resoconto della missione dei principali discepoli del Risorto,mediante i quali la Parola si diffonde sulla terra e raggiunge Roma, il centro del mondo allora conosciuto.