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Policlinico

Il “manager dei clochard”:
«Hanno bisogno in primo luogo di affetto»

Angelo Starinieri, ex dirigente ed ex senza fissa dimora, ha curato l’ospitalità notturna degli homeless nell’ex chiesa di via Pace e ora pensa a come animare le loro giornate. Il cappellano don Giuseppe Scalvini: «Una goccia nel mare, ma anche un esempio da replicare altrove»

di Claudio URBANO

5 Luglio 2015

Angelo Starinieri li chiama tutti ragazzi. Del resto per lui, che qualche anno in strada alla stazione di piazzale Cadorna l’ha passato, i clochard che hanno trovato un riparo sicuro nell’ex chiesa di via Pace, al Policlinico di Milano, sono come fratelli minori: grazie all’iniziativa dell’associazione Per il Policlinico onlus, alla disponibilità della parrocchia ospedaliera e dello stesso Policlinico, da febbraio a fine giugno quasi trenta senza dimora – che solitamente trascorrevano le notti nelle corsie e nei sotterranei dell’ospedale – hanno potuto dormire nella vecchia chiesa con brandine e sacchi a pelo, ricevendo una colazione alla mattina.

Un’idea semplice, che allo stesso tempo ha permesso di garantire maggiore sicurezza e igiene negli spazi dell’ospedale e un posto dignitoso per gli homeless: solo sei su una trentina gli stranieri, e l’età media di 53 anni dimostra quanto sia esteso il problema anche tra chi non è più giovane. Negli spazi dell’ospedale li ha raccolti tutti Starinieri, che con la sua storia di ex dirigente ed ex senza dimora si è guadagnato l’appellativo di “manager dei clochard”.

La sua idea di animare le giornate con letture e altre iniziative è rimasta a metà, a causa di un ricovero proprio al Policlinico. Per Starinieri, però, le notti che i senza dimora hanno trascorso nell’ex chiesa dell’ospedale sono comunque solo la prima tappa: «Al clochard non basta solo dare il the al mattino e un posto dove dormire», avverte, spiegando di essere impegnato in un progetto che proporrà al Comune di Milano per dare un posto ai senza dimora anche nei centri diurni, con attività che possano aiutare ciascuno a riprendere coscienza di se stesso e delle proprie possibilità di risalita. «Ci si ferma sempre quando servono i soldi, anche se – osserva amaro Starinieri – forse per il lavoro di integrazione dei clochard l’ostacolo principale non sono neanche i soldi, ma la volontà di spendere tempo e impegno, perché il clochard è la persona antisociale per eccellenza: questi ragazzi hanno bisogno in primo luogo di affetto», ricorda Starinieri. Per due di loro, Gennaro, napoletano di 52 anni, e Carlo (il nome è di fantasia) di 58, c’è già una sistemazione migliore, al centro diurno di via Pollini, e Starinieri sta naturalmente cercando un posto anche per tutti gli altri. «Per loro questi mesi in cui hanno potuto dormire al Policlinico sono stati utilissimi», conferma, ricordando come sia sfiancante trascorrere le notti all’aperto.

Una presenza costante a cui non si è sottratto il cappellano dell’ospedale don Giuseppe Scalvini che al cardinale Scola in visita ha parlato dell’esperienza al Policlinico come di una «sintesi tra la carità intellettuale e quella delle opere». Con i clochard don Giuseppe ha avuto un ruolo quanto mai operativo, dalla custodia degli spazi alla distribuzione della colazione. «Mi sono messo a disposizione cercando di fare le cose semplici», spiega senza enfasi, consapevole che il prossimo inverno il problema si ripresenterà.

L’ospedale e l’associazione Per il Policlinico, che ha finanziato con 14.500 euro le spese di pulizia e per l’igiene personale dei clochards, lanciano un appello all’impegno di soggetti pubblici e privati. Perché, spiega don Giuseppe, «quest’iniziativa è una goccia nel mare, ma anche un bell’esempio che può essere replicato altrove».