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Testimonianza

«Fuori dal bunker,
per sopravvivere alla crisi»

Mauro Magatti racconta l’esperienza di “famiglia aperta” affrontata con la moglie Chiara Giaccardi e i sei figli (cinque naturali e uno in affido): «La nostra vita si è arricchita»

di Veronica TODARO

26 Gennaio 2014

Marito e moglie, entrambi docenti all’Università Cattolica del Sacro Cuore, Chiara Giaccardi e Mauro Magatti interverranno al convegno “Accoglienza in famiglia, profezia del nostro tempo”, organizzato dallo Sportello Anania in occasione della Giornata della vita, per parlare della loro esperienza di “famiglia aperta, testimone di speranza”.

Insieme ai loro cinque figli naturali e a uno in affido, compresi tra i 16 e i 26 anni, otto anni fa hanno colto l’opportunità di vivere in una struttura delle Figlie di Sant’Angela Merici, messa a disposizione per realizzare un progetto di accoglienza. È stata quindi costituita un’associazione familiare e in questa residenza la famiglia Magatti abita insieme a un’altra famiglia, entrambe col proprio appartamento e i propri spazi. Poi ci sono altri tre appartamenti messi a disposizione di famiglie straniere, inviate dal centro di ascolto Caritas e accompagnate nel loro percorso di inserimento sociale attraverso un rapporto di vicinato stretto. Niente di eroico, tiene a precisare Magatti, ma un tentativo di reagire alla crisi della famiglia nel suo modello mononucleare.

Magatti esprime le sue considerazioni sulla famiglia in una duplice veste: quella di sociologo innanzitutto, ma anche quella di marito e genitore: «Come sappiamo, la famiglia sta attraversando un momento di trasformazione. Troppo spesso le famiglie si disfano mentre i giovani tendono a rinviare la scelta di crearsene una propria. Di fatto, però, la famiglia continua a essere un luogo importante, un punto di riferimento anche nelle cose spicciole. Ma mentre in passato la famiglia era quasi un dato di fatto, oggi quelle che restano tali non sono più così scontate. È un quadro con luci e ombre, in cui non vanno sottovalutate le ragioni delle difficoltà. La famiglia, oggi, è costretta a modificarsi per ragioni innumerevoli».

In passato, invece, la situazione era diverse. «La famiglia era una famiglia nucleare, troppo chiusa, isolata e con dei limiti, un modello sbagliato che già conteneva in sé il germe della sua crisi. Non si rilancia e promuove la famiglia salvaguardandone il modello “nucleare”, ma considerando seriamente cosa stanno dicendo le tante forme di famiglie “aperte”, che hanno capito cioè che, per affrontare la crisi della famiglia, non bisogna chiudersi in un bunker. Le famiglie aperte nelle forme più diverse hanno capito che per mantenere una famiglia viva e vitale bisogna stare in relazione con altre famiglie e costruire un modello che vada oltre se stessa. Una scelta vincente, altrimenti la famiglia barricata in se stessa rischia di saltare».

Secondo Magatti la famiglia non è un punto di arrivo, perché sposarsi significa decidere di percorrere la strada della vita insieme, e non da soli: «Noi siamo come tutti gli altri, non siamo speciali. L’elemento positivo è aver provato ad affrontare una cosa nuova, andando otto anni fa ad abitare in questa casa. Questi passaggi hanno reso vitale la nostra vita familiare. In fondo, quello che abbiamo scelto noi è un modo per sopravvivere in questo mondo. Naturalmente la scelta è stata fatta da noi adulti e di fronte a essa lasciamo i nostri figli molto liberi; interagiscono con le cose che facciamo solo se sono interessati. La nostra vita familiare si è arricchita e ne abbiamo beneficiato. D’altra parte la speranza cristiana è che la vita è più grande di noi e la vita va assecondata».