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Reportage dalla Giordania/1

Dalla Chiesa cattolica
esempi di buona convivenza

Preti e suore del Volto Incarnato ad Anjara gestiscono un Santuario mariano, una scuola cattolica frequentata da cristiani e musulmani, tre piccole case di accoglienza per minori e un centro di fisioterapia per disabili

di Luisa BOVE Nostra inviata in Giordania

20 Novembre 2014

In Giordania cristiani e musulmani convivono pacificamente. Gli esempi non mancano, a cominciare dai banchi di scuola e dai campi di gioco, dove la differente appartenenza religiosa non fa problema. A livello nazionale la presenza dei cristiani è in media pari al 3%, ma è difficile distinguere tra cattolici, ortodossi e anglicani, perché i numeri variano da una zona all’altra. La legge consente di costruire sia chiese, sia moschee, come pure sinagoghe, che al momento per non esistono perché non ci sono ebrei in Giordania.

Ad Anjara, città di 20 mila abitanti a nord della capitale Amman, la presenza dei cattolici si deve a un prete, don Angelo Foresto, giunto all’inizio del Novecento e che qui ha vissuto per 40 anni. Oggi la sua comunità conta 1200 fedeli e continua a vivere grazie alle cure pastorali, e non solo, di preti e suore dell’Ordine del Verbo Incarnato, presenti anche in Tunisia, Siria, Iraq, Israele. Ora ad Anjara i sacerdoti sono tre: il parroco don Hugo Alaniz (di origine argentina), don Giuseppe e don Antonio, entrambi egiziani; ad affiancarli ci sono invece 9 giovani religiose. Don Hugo è ad Anjara da 9 anni ed è stato mandato a gestire il Santuario della Madonna delle Nevi dove il 6 gennaio 2010, racconta, «pochi mesi prima della primavera araba, la statua della Madonna si è mossa e ha pianto». La suora presente in chiesa ha creduto di sbagliarsi, ma quando il fenomeno si è ripetuto poco dopo alla presenza di altri testimoni, negarlo è stato difficile. Le autorità cattoliche locali lo definiscono un miracolo e dicono: «La Madonna ha pianto con noi e per noi».

Accanto al Santuario, nel 1922 è sorta anche la scuola cattolica, gestita da 20 insegnanti (cattoliche e musulmane) che oggi conta quasi 200 ragazzi dalla materna fino alla Nona (16 anni); poi nell’ultimo triennio tutti devono frequentare le scuole statali. Gli studenti sono per il 50% cristiani e il 50% musulmani. Non tutti possono pagare l’intera retta (circa 600 euro all’anno) e per questo la stessa Chiesa cattolica – che non riceve sovvenzioni dallo Stato – copre la metà dei costi attraverso donazioni e attività di autofinanziamento, come l’accoglienza di gruppi che visitano il santuario e si fermano a pranzo… Non mancano aiuti anche dall’Italia, in particolare da Comunione e Liberazione, che si impegna a sostenere le spese di trenta famiglie. La scuola sorge infatti in una zona molto povera, ma la popolazione giordana, che crede molto all’istruzione per garantire un futuro ai figli, non rinuncia alla formazione che può offrire la scuola cattolica.

Le suore, inoltre, gestiscono una piccola casa di accoglienza per bambine orfane, abbandonate dalla madre, o con un genitore in carcere: anche loro frequentano la scuola cattolica al mattino e per il resto vivono in comunità. Attualmente i minori sono 9 e vengono da diverse zone della Giordania; le ragazze più grandi invece sono 7, accolte in un’altra struttura, come pure la comunità maschile gestita dai preti. Unico limite, ammettono, è che al momento la legge non consente di ospitare nelle case di accoglienza anche i musulmani.

Don Hugo spiega che la difficoltà maggiore è la lingua: «L’arabo è davvero molto difficile, anzi impossibile. Ma comunicare con la popolazione è fondamentale, come pure conoscere bene la loro cultura, perché le differenze sono profonde, ma occorre comprenderla per riuscire a operare bene. 

Il carisma del Verbo Incarnato pone al centro la cultura, «ma qui la gente non è abituata a leggere – spiega don Hugo -. Per questo nel 2008 abbiamo aperto una piccola biblioteca infantile (la prima in Giordania) dove teniamo la Bibbia e il Corano, oltre ai libri per ragazzi. Nel pomeriggio diventa un luogo di incontro tra cristiani e musulmani dove si svolgono anche altre attività, a cominciare dalla musica».

Sempre nel 2008 don Hugo ha aperto anche un piccolo centro di fisioterapia per disabili, dove sono già stati curati 17 musulmani. Racconta di successi già ottenuti dal lavoro specialistico: da una bambina di 7 anni con una malformazione dalla nascita, che dopo tre anni di terapie ha iniziato a camminare, a un’altra ragazza di 17 anni, che in seguito a una caduta ha subìto danni seri, ma è riuscita a rimettersi in piedi dopo appena 6 mesi di fisioterapia. Ma qui c’è ancora tanto da fare: soprattutto manca l’educazione a certi valori di base e corsi di bioetica. Sarebbe importante la presenza di qualche volontario professionista, esperto in materia, ma don Hugo ricorda con grande riconoscenza anche la semplice presenza di giovani mandati dalla Caritas Ambrosiana durante l’estate scorsa per animare le attività con i ragazzi.