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Costa d’Avorio la crisi a una svolta?

11 Aprile 2011

Gli accordi di Accra, raggiunti ad agosto, hanno riconfermato nei fatti gli impegni dell’intesa siglata nel 2003 a Marcoussis.
Ora la parola passa al presidente Gbagbo e ai ribelli del Nord.
Dalla loro capacità di realizzare un effettivo disarmo e un reale processo di riforme dipende la risoluzione del conflitto che insanguina il Paese dal 2002.
– Le origini
– Tutti contro tutti
– La politica del gambero

La gente si ammucchia sui marciapiedi ai lati di Boulevard Clozel.
Siamo nel centro del Plateu ad Abidjan, il quartiere simbolo della grandezza economica del Paese, con i suoi grattacieli di specchi e acciaio che si riflettono sulla laguna Ebrié.

Ma la Costa d’Avorio non è più quella locomotiva in grado di tirare gli altri Paesi della regione.
Dal 19 settembre 2002 una sanguinosa guerra fratricida ne sta smantellando il sistema economico.
E, peggio ancora, la società.
Sono a centinaia, la maggior parte giovani uomini, sotto il sole battente.
Poliziotti e militari in tenuta da combattimento pattugliano la strada vuota lungo centinaia di metri.
Un’autoblindo e un pickup con il mitragliatore aumentano la tensione anziché rassicurare la gente.
Questa è la via che porta alla residenza del presidente Laurent Gbagbo, che sta per passare. Un applauso liberatorio scuote la massa nera e compare il corteo. Una decina di macchine e mezzi militari sfrecciano a tutta velocità tra le due ali di folla.
«Poi dicono che Gbagbo non è amato in Costa d’Avorio »,
grida esaltata una donna. «Non si è visto mai nulla di simile neanche per Boigny (il padre della patria, ndr)», riprende un’altra.
«Èmandato da Dio, per salvare gli ivoriani. Non lo sconfiggeranno ».

La Costa d’Avorio non è più un unico Stato ma, da quasi due anni è divisa in tre.
La metà Nord è controllata dalle Forze Nuove, come si fanno chiamare i tre gruppi di ribelli che presero le armi contro il Governo centrale.

Sono parte dell’esercito, i cui ufficiali si organizzarono mesi prima in nascondigli segreti nel vicino Burkina Faso.
Nel Sud, c’è la zona controllata dai governativi e da alcune milizie paramilitari fedeli al presidente.
In mezzo una striscia di «sicurezza» che taglia il Paese da Est a Ovest , occupata dai quattromila militari francesi della forza Licorne equipaggiati con armi modernissime, e dal contingente delle Nazioni Unite della missione Onuci con 6.240 uomini. La loro missione è mantenere separati i contendenti.
Marco Bello

Articoli pubblicati su Popoli – Num. 11/2004