Conservatorio di Milano e Casa della carità insieme per promuovere competenze musicali e cultura dell’accoglienza tra i giovani di Milano. I due enti hanno rinnovato oggi il “Protocollo per la realizzazione di azioni in collaborazione” che prevede l’organizzazione di corsi di musica per ragazzi in condizioni di disagio.
Le lezioni di violino, di fisarmonica e, qualora dovessero essere reperiti i fondi necessari, anche di pianoforte avranno inizio il prossimo mese di novembre, all’inaugurazione del nuovo Anno accademico e saranno aperte a studenti di ogni provenienza, tra i sei e i 22 anni. L’obiettivo dei corsi non è solo far acquisire capacità musicali ai partecipanti. Attraverso il linguaggio comune della musica, si vuole anche portare avanti un’esperienza di inclusione sociale capace di avvicinare ragazzi provenienti da contesti personali e realtà sociali molto differenti.
I nuovi corsi, infatti, verranno organizzati sulla scorta di quanto già realizzato a partire dal 28 settembre 2010, quando il protocollo tra i due enti è stato firmato per la prima volta. Da allora, i più talentuosi tra i ragazzi rom seguiti dalla Casa della carità hanno cominciato a frequentare le aule del Conservatorio fino a tenere, lo scorso novembre, un concerto insieme ai loro docenti, davanti a oltre mille spettatori.
Con il rinnovo della collaborazione, i corsi proseguiranno grazie alla raccolta fondi coordinata dalla Presidenza del Conservatorio. Ad insegnare saranno allievi degli ultimi anni oppure studenti neodiplomati, scelti con concorso interno, che lavoreranno sotto la supervisione dei docenti dell’istituto milanese. Gli educatori della Casa della carità, in collaborazione con quelli del CeAS (Centro Ambrosiano di Solidarietà), si occuperanno invece dell’accompagnamento sociale dei ragazzi e delle loro famiglie. Per chi lo desidera, inoltre, sarà previsto un supporto per poter partecipare agli esami di ammissione ai corsi o al liceo del Conservatorio. Il percorso formativo previsto dall’accordo verrà, anche in questo caso, concluso da un concerto, mentre l’obiettivo finale è la nascita di una “Orchestra dei Popoli” che coinvolga sia i ragazzi che frequentano il Conservatorio sia quelli che ci sono arrivati grazie a questo progetto.
Per Arnoldo Mosca Mondadori, presidente del Conservatorio di Musica “G. Verdi” di Milano, che ha fortemente voluto questo progetto di collaborazione, il messaggio è chiaro: «Il progetto di collaborazione tra il Conservatorio di Milano e la Casa della Carità ci obbliga a continuare a lavorare sui talenti, di cui ogni ragazzo, indipendentemente dalla sua storia o dalla sua provenienza, è dotato. Il Conservatorio di Milano intende coltivare i talenti a 360 gradi, si impegna a togliere da uno stato di marginalità ragazzi che hanno dentro di sé potenzialità straordinarie. Il nostro sogno – che oggi, forti del lavoro e dell’esperienza di questo primo anno e mezzo insieme, è almeno in parte realtà – continua a essere quello di mettere in relazione mondi lontani, attraverso l’universalità di un messaggio, di cui solo la musica sa farsi portatrice».
Per Sonia Bo, direttore del Conservatorio di Musica “G. Verdi” di Milano, che ha scelto di proseguire il progetto firmato nel 2010 dal precedente direttore Bruno Zanolini, si tratta di una sfida importante: «Perché alla musica è demandato il compito di creare percorsi formativi tali da permettere il confronto e la crescita di giovani provenienti da realtà assolutamente lontane tra loro, in un clima di mutuo scambio di competenze, conoscenze ed esperienze, all’interno di un sistema didattico consolidato, articolato e complesso, che prevede momenti di verifica delle competenze e momenti pubblici, atti a dimostrare il livello raggiunto da tutti gli allievi del Conservatorio».
Per don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione Casa della carità, la firma del nuovo protocollo rappresenta un segnale positivo, per tutta la città: «Che una prestigiosa istituzione come il Conservatorio di Milano rinnovi il suo impegno nei confronti dei minori rom di cui ci occupiamo e di tutti i giovani in situazioni di disagio è un importante messaggio di apertura. Mischiare luoghi e persone consente di rovesciare la prospettiva dell’inclusione: questi ragazzi e le loro storie ci insegnano che una Milano più coesa e meno esasperata è possibile».