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Focolari

Chiara e Loreto

L'evento nella città mariana nel quinto anniversario della scomparsa di Lubich. «C’è un particolare legame tra lei e il Santuario: infatti per il movimento tutto è nato qui nel 1939», ricorda l’arcivescovo monsignor Giovanni Tonucci

a cura di Simona MENGASCINI Agenzia Sir

11 Marzo 2013

«Chiara non pensava a fondare un movimento, aveva letto il Vangelo durante la guerra e voleva semplicemente viverlo». È il ritratto della fondatrice del movimento dei Focolari offerto da Eli Folonari, sua collaboratrice per 50 anni e responsabile del Centro Chiara Lubich, nel corso dell’evento “Il sogno di Chiara Lubich: l’ideale del mondo unito. Percorsi sociali e culturali verso la fraternità universale”, svoltosi il 9 marzo a Loreto, promosso dal Movimento dei Focolari delle Marche insieme al Comune di Loreto e con il patrocinio della Regione Marche.

L’iniziativa è stata pensata in occasione del quinto anniversario della scomparsa della Lubich e si è svolta nella città mariana perché c’è un particolare legame tra lei e il Santuario. Infatti «per il movimento tutto è nato qui nel 1939 – ha ricordato monsignor Giovanni Tonucci, arcivescovo di Loreto -, da un’intuizione che Chiara ha avuto tra quelle tre semplici pareti custodite nella Basilica».

La quarta via

Folonari ha raccontato che Chiara «aveva l’ideale della comunione piena, dell’unità, ci insegnava come fare e ci correggeva. Quando viaggiavamo con lei imparavamo a mettere in mettere in pratica la fraternità universale perché ogni Paese e popolo aveva una sua bellezza che Chiara metteva in rilievo per farla amare da tutti». Folonari ha poi ricordato che «dopo la visita a Loreto nel 1939 andò dal suo parroco a dire che aveva trovato la sua strada che non era il convento, il matrimonio o la consacrazione a Dio, ma una quarta strada che neanche lei sapeva bene che fosse, perché era una strada nuova, anticipatrice dei tempi. Il primo Focolare si chiamava Casetta, forse in memoria proprio della Santa Casa di Loreto, ma solo quando sono venuti anche i focolarini sposati ha detto “questa è la nostra vocazione, il focolare è completo”».

La collaboratrice della Lubich ha poi sottolineato il suo particolare rapporto con i mass media e la politica: «Chiara diceva sempre che il movimento poteva nascere solo in quest’epoca in cui ci sono tutti questi mezzi di comunicazione per fare unità, questo è un tempo di Dio, ma bisogna saperli usare nell’amore. In politica, invece, ha voluto creare il Movimento politico per l’unità per mettere insieme il bello di ogni partito».

Precursori del Concilio

Nel suo intervento Bernhard Callebaut, docente di sociologia all’Istituto Universitario “Sophia” di Loppiano, ha messo in rilievo la capacità della Lubich di «precorrere i tempi». Per esempio lo stretto rapporto con la parola e l’attenzione alla dimensione sociale sono temi e aperture tipiche del Concilio Vaticano II, che però destarono più di un sospetto nelle società e nelle gerarchie di allora, perché chi leggeva il Vangelo direttamente veniva preso per “protestante” o chi, come Chiara e le sue compagne, praticava la comunione dei beni, era bollato come “comunista”. Il fatto poi di «parlare d’amore non era considerata una cosa seria, solida, all’altezza della teologia fin lì praticata». Poi, che cosa poteva venire di buono da una “donna”, per di più di una città marginale come Trento?

In realtà «il movimento non nasce nel nulla perché allora essere giovane era diventato qualcosa di importante, c’era una spinta a creare una spiritualità laicale e la questione sociale diventava un tema sempre più rilevante: i Focolari sorgono come qualcosa di nuovo, ma i tempi li preparavano». Lo studioso ha aggiunto che Chiara era una donna molto moderna: nel nostro tempo noi diamo importanza a tante dimensioni della vita non solo quella religiosa. «Per noi l’economia è importante, le comunicazioni sociali sono importanti, lo sport e tanto altro ancora e anche per Chiara era così. Di fronte a problemi seri come per esempio la povertà in Brasile la sua risposta non è stata: “Preghiamo di più”. Ha detto invece: “Facciamo imprese che condividano i profitti con i poveri”. Ha dato, a un problema di giustizia sociale, una risposta economica e ha detto che bisognava sviluppare un’economia del dare, ma la cultura del dare è comunque qualcosa di evangelico. Al cuore di ogni dimensione del vivere c’è qualcosa di evangelico da scoprire ma per farlo occorre usare il linguaggio giusto, tipico di quel contesto».

Famiglie unite

L’ideale dell’unità vissuto nel concreto di una regione come le Marche «ha portato tante famiglie a sperimentare la bellezza dell’amore reciproco, la condivisione dei beni, delle gioie e dei dolori». A raccontarlo Rosalia Bigliardi Parlapiano, presidente del Movimento politico per l’unità – Marche, che ha anche sottolineato come la regione sia stata incubatrice di un’esperienza originale come quella del “movimento diocesano” nato ad Ascoli e sviluppatosi poi anche a Fermo. Parlapiano ha poi rilevato come nelle Marche ci siano politici che hanno condiviso l’ideale della fraternità come categoria politica e sono sorte due scuole di politica per giovani, nate per dotarli di «una cultura nuova».