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Emergenza

Casa, legalità e bisogno:
partire dalla «vita buona»

Preoccupazione e un appello a intervenire della Chiesa ambrosiana

di Pino NARDI

24 Novembre 2014
L' ASSESSORE REGIONALE PAOLA BULBARELLI VERIFICA LO STATO DELLE CASE POPOLARI ALER DI VIA GIAMBELLINO, 58 (DUILIO PIAGGESI, MILANO - 2014-11-08) p.s. la foto e' utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e' stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate

«Siamo molto preoccupati. Sto sentendo parroci e decani da diversi giorni; loro stessi mi chiamano per chiedere un confronto, in questi giorni caldi. Sono stato a San Siro e sto chiedendo informazioni a tanti preti che lavorano nelle periferie. Siamo anche noi sotto pressione». Monsignor Carlo Faccendini, Vicario episcopale per la città di Milano, non nasconde i forti e crescenti timori della Chiesa ambrosiana di fronte alla vicende legate alle case popolari, alle occupazioni abusive, al racket che lucra sulle tragedie delle famiglie, a un rischio sempre in agguato di strumentalizzazioni politiche. E non ultimo una deriva violenta.

Legalità e diritto a una casa non vanno disgiunti. Anzi. E tuttavia non può esserci solo la soluzione della forza, dell’intervento di polizia per gli sgomberi. «I sacerdoti mi riferiscono – continua Faccendini – che è difficile separare la questione legalità da quella del bisogno, stabilire una priorità. La situazione è talmente tragica che se la prendiamo dalla coda, contrapponendo i due corni del problema, non si va da nessuna parte. Anzi si rischia di peggiorare il clima, di esasperare gli animi».

Come sottolinea don Roberto Davanzo, direttore della Caritas ambrosiana, «questo è il punto di arrivo di decenni di malgoverno, di disattenzione sul fenomeno, di tolleranza di fronte alla criminalità che ha gestito il racket di queste occupazioni. Chi occupa compie un atto illegale, perché ruba il pane a chi ne ha più diritto di lui. Però chi occupa, non dimentichiamolo, talvolta è portatore di fragilità. E non si risolve con una bacchetta magica». «Noi diciamo che la legalità va rispettata – afferma il Vicario per la città –  ma che contemporaneamente il bisogno va aiutato. Bisogna partire dalla vita nei quartieri, dal tema della casa, del disagio giovanile, degli anziani abbandonati. Bisogna concretamente risolvere i problemi per fare vera prevenzione. Bisogna che le istituzioni, tutte, in rete, noi, il volontariato ma anche gli enti pubblici, si mettano al lavoro per dare risposte alla povertà, alla solitudine, all’immigrazione».

Preoccupazione anche nelle parole di monsignor Luca Bressan, Vicario episcopale per la Cultura, la carità, la missione e l’azione sociale: «Milano si ritrova di colpo a un tornante che probabilmente non si aspettava così brusco e così vicino. Il riferimento, ormai, deve essere quello delle grandi metropoli che hanno dovuto misurarsi con le esplosioni delle banlieue di Parigi o dei suburb di Londra. Ma abbiamo ancora le energie per tenere insieme le diverse identità».

Una “bomba” sociale innescata in tanti anni di malgoverno, ma che l’attuale crisi economica ha innescato in maniera così forte. «I parroci mi dicono che la gente è disperata – racconta monsignor Faccendini -. Il problema della casa è antico, le occupazioni ci sono da anni, ma in questi ultimi mesi la fame morde e la gente è attanagliata dai problemi, vive una sensazione di impotenza, molti sentono di non avere niente da perdere». La guerra tra poveri è lì a un passo, tra italiani, magari anziani che hanno il terrore di uscire di casa per paura che il loro appartamento venga occupato; tra immigrati, che non riescono a soddisfare il bisogno di un tetto. E dietro le quinte c’è chi ci guadagna in modo criminale oppure utilizza il tutto per fini di propaganda politica, anche da frange estremiste. «Bisogna tenere conto che in tutte le zone ci sono persone pronte a strumentalizzare questa paura e questa rabbia delle famiglie – afferma Faccendini -. Interi quartieri sono in mano alla malavita che gestisce occupazioni e traffici vari. La gente, gli anziani sono vittime anche di questo spadroneggiare delle bande. Bisogna stare attenti a non far esplodere il coagulo di rabbia e sensazione di impotenza».

Da tempo la Diocesi è impegnata a dare un aiuto concreto per quanto nelle sue possibilità. «Noi ci stiamo provando – afferma monsignor Bressan – e non soltanto con le iniziative dei singoli parroci, ma anche come Diocesi: per esempio attraverso il Fondo famiglia-lavoro, con una parte dell’otto per mille, adesso anche con l’asta dei beni del cardinale Scola. Stiamo comunque parlando di una goccia nel mare dei bisogni sociali, però se non una sola, ma tante istituzioni tentano di compiere uno sforzo in più, un colpo di reni, allora possiamo quantomeno mandare un segnale che rompa il senso di isolamento e di paura di queste persone».

Anche a livello locale si cerca di dare risposte concrete: «Alcuni nostri parroci – dice monsignor Faccendini – hanno fatto gesti simbolici di accoglienza per gli sgomberati, ma abbiamo intenzione di andare più in profondità per stare vicino alla vita della gente e ai suoi problemi. Anche l’arcivescovo Angelo Scola sabato pomeriggio è stato a Baggio, nella zona delle case popolari proprio per esprimere la sua vicinanza».

L’aiuto della Fondazione San Carlo

Il diritto all’abitazione costituisce un diritto fondamentale di cittadinanza. Eppure la domanda di abitazione ha raggiunto in questi anni uno stato drammatico. Poiché lo scopo fondamentale dell’attività della Fondazione San Carlo è il sostegno alle persone svantaggiate per ragioni economiche, sociali e familiari, uno degli obiettivi concreti è quello di offrire una sistemazione abitativa dignitosa a persone non in grado di trovare una soluzione autonoma sul libero mercato. In questo ambito viene prestata anche attenzione alle persone immigrate, al fine di facilitare il loro percorso di inserimento sociale e di stabilizzazione economica. La permanenza delle persone nelle strutture di accoglienza abitativa, compresi gli appartamenti, è a carattere temporaneo. Mediante l’Agenzia sociale della casa, la Fondazione favorisce l’inserimento di persone e famiglie in alloggi privati in affitto, assicurando garanzie finanziarie e sociali. L’offerta di un alloggio è accompagnato, possibilmente, dal sostegno con altri strumenti (lavoro, microcredito) per renderlo più efficace e sicuro. La gestione dei pensionati e degli appartamenti è integrata da stretti rapporti con i servizi sociali territoriali e con gli altri enti che si interessano del disagio. Nelle situazioni decentrate si avvale del coinvolgimento e della collaborazione dei gruppi Caritas e di organizzazioni sociali e di volontariato. La Fondazione gestisce alcune strutture collettive di pensionato/casa albergo a Milano e a Sesto San Giovanni. Sono strutture rivolte a persone che abbiano esigenze di soggiorno temporaneo, a causa di motivi di lavoro o di carattere sociale. L’accoglienza ordinaria è prevista per il periodo massimo di un anno; in casi eccezionali può essere concessa la permanenza sino a due anni, con un aumento della retta. I pensionati sono aperti ad adulti sia italiani sia stranieri (con permesso regolare di soggiorno), di entrambi i sessi. Solo Casa Fatima è riservata esclusivamente alle donne.

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