L'ambito nel quale la Pastorale in università si muove è proprio la certezza che Gesù di Nazareth, il Figlio di Dio fattosi uomo, svela l'uomo a se stesso (Gaudium et spes 22).


Giovani - studenti

La Pastorale Giovanile in università si colloca nell’orizzonte culturale che a suo tempo san Giovanni Paolo II così definiva: “È l’esperienza dell’uomo che cerca le ragioni profonde del suo essere”. Così Papa Wojtyla, nel celebre discorso fatto ad inizio del suo ministero petrino, definiva tale l’azione culturale, sbarazzando dunque il campo da quelle riduzioni razionalistiche che tendevano a ridurre il sapere in un fenomeno libresco o di “accademia”.

A sua volta, Papa Benedetto XVI definiva il cristianesimo come avvenimento che si comunica da “esperienza ad esperienza”. Tali riflessioni, che divengono fonte di pensiero e ragionamento, ci congiungono immediatamente alla riflessione di san Tommaso, il quale, disegnando il metodo della conoscenza della verità, affermava: “la vita conduce alla scienza della verità”.

L’ambito nel quale la Pastorale in università si muove è proprio la certezza che Gesù di Nazareth, il Figlio di Dio fattosi uomo, “svela l’uomo a se stesso” (Gaudium et spes 22).
Nel mondo dei diversi saperi, appunto l’ambiente universitario, per noi cristiani la cultura è quella visione della realtà che la sequela di Cristo rende possibile, perché consente di fare esperienza di tutto ciò che capita: dallo scoraggiamento per un esame andato storto, al docente che si interroga sul dono della propria fede; dalla bellezza di una lezione fatta con passione al pasto condiviso in mensa con gli universitari lontani dalla fede, quando il dialogo si fa profondo e lo stupore ne mostra l’autenticità.

In 1 Ts 5,21 Paolo dice: “Vagliate ogni cosa e trattenete il valore”. Veniamo tutti qui richiamati ad un compito irrinunciabile della nostra vocazione cristiana, nel particolare luogo universitario. La dimensione culturale è infatti uno dei tratti costitutivi dell’uomo nuovo, che appartenendo a nostro Signore, lo conosce e comunica l’amore nuovo che su tutto ne scaturisce.

Questo saper riconoscere il Signore è “l’entusiasmo critico della fede” (Origene). Senza nulla togliere allo specifico di un lavoro necessario per lo sviluppo della dimensione culturale costitutiva dell’evento cristiano, questa competenza che nasce da questa chiarissima posizione è da riconoscere ad ogni battezzato che, consapevole della sua missione, abita l’università.

In università, come nella Pastorale ordinaria, è necessario l’impegno di tutti, poiché l’annuncio della vita vera accade in ogni momento, non solo nei momenti di culto proposti.

È sempre più necessario invitare ogni cristiano a proporre con coraggio la persona di Gesù, mostrando la valenza culturale della sua presenza e del suo messaggio, la capacità cioè di incidere sulla vita in tutti i suoi ambiti (cfr Progetto culturale orientato in senso cristiano. Una prima proposta di lavoro, gennaio 1997).

All’interno di questo quadro è possibile un impegno culturale che eviti due pericoli. Da una parte ridurre la fede ad un fare ansioso, o ad una sequenza di pratiche devote che non incidono sulla vita, magari ricche di stati d’animo ma povere di giudizio o di ragioni.
Dall’altra quello, forse più problematico, di un intellettualismo che finisce per allontanare dal lavoro culturale quotidiano: interrogarsi sulle ragioni per credere.

Le ragioni della fede sono, alla fine, quelle della vita che gli universitari spesso domandano; giova ricordarlo, la vita si snoda attorno a due dimensioni costitutive: il lavoro e gli affetti. Qui dentro il cristiano deve rimanere!

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