La ricerca condotta dalla Facoltà di Pedagogia dell'Università Bicocca di Milano riguardante il rapporto tra educazione e ambiente oratoriano incentrata sullo studio degli oratori della diocesi di Milano e sulla relazione che intercorre tra oratori e territorio.


È un dato di fatto: assistiamo ad un interesse nei confronti della realtà dell’oratorio e del suo potenziale educativo in quanto agenzia educativa presente in modo capillare nei territori e sollecitata dalle nuove sfide della contemporaneità. La riflessione in atto con il percorso Oratorio 2020, in questo momento, è l’occasione con cui viene chiesto agli oratori di ripensarsi, con uno sguardo al prossimo decennio. «Risulta particolarmente significativo però che ci sia non soltanto un interesse dell’oratorio a studiarsi ma anche un interesse nel mondo esterno all’oratorio di conoscere l’oratorio e dire che cos’è l’oratorio» – introduce don Stefano Guidi all’incontro di presentazione della ricerca tenutosi a Milano. Si inserisce nella crescente attenzione che le principali Università milanesi stanno riservando agli oratori ambrosiani, la ricerca qualitativa realizzata dalla Facoltà di Pedagogia dell’Università Bicocca, in particolare con l’insegnamento di Pedagogia Sociale, nella persona del prof. Sergio Tramma e di alcune sue collaboratrici, in collaborazione con la Fondazione Oratori Milanesi. L’indagine permette di approfondire il rapporto tra alcuni oratori diocesani e il loro territorio di riferimento. «La restituzione e la lettura che emerge dalla ricerca ci aiuta ad interrogarci su come interpretare in maniera adeguata la dinamica dell’esperienza educativa dell’oratorio e a capire come questo rapporto tra oratorio e territorio si debba giocare oggi. Siamo dentro una fase dove si riscrivono nuovi interessi e modalità di dialogo».

Così, una serie di circostanze, la riflessione nata da due tesi di laurea che sono diventate un libro “Pedagogia dell’oratorio” a cura di Carla Acerbi e Marialisa Rizzo, e la relazione forte di molti studenti che hanno vissuto e frequentano l’oratorio e si accostano al corso di laurea in scienze pedagogiche e dell’educazione a seguito della domanda formativa scaturita dall’esperienza educativa vissuta in oratorio e una condivisione di intenti, hanno portato a un lavoro di due anni, condotto da alcuni studenti tramite interviste e ricognizioni in alcune realtà oratoriane della Diocesi. Oltre alle realtà interessate, il gruppo di ricerca ha voluto incontrare e intervistare anche i membri del TEC (Tavolo Enti Cooperative), nella linea della considerazione che la Diocesi sta riconoscendo al prezioso servizio degli educatori retribuiti negli oratori.

L’oratorio, espressione evangelizzatrice ed educativa della comunità cristiana impegnata nella crescita dei ragazzi e dei giovani, è una realtà profondamente legata al territorio in cui si colloca.  «Oggi i territori sono attraversati da una serie di tensioni sociali – commenta il prof. Sergio Tramma – L’oratorio costituisce, insieme alla scuola, uno dei presidi “democratici” (nel senso di luogo inclusivo e non esclusivo): un aspetto essenziale di questi tempi che gli conferisce una grande responsabilità. Deriva da una tradizione importante, ma ha la necessità di rispondere alle sfide dei tempi odierni». Il gruppo di ricerca costituito ha condotto così un lavoro che ha preso la forma di una ricerca, “Oratorio e territorio”, intendendo il territorio come uno spazio non solo fisico ma come insieme di esperienze educative formali e informali. L’approccio seguito è stato quello qualitativo, tramite lo strumento dell’osservazione etnografica, prima di incontrare i referenti e le persone coinvolte in diversi ruoli, nelle realtà territoriali ritenute più significative dentro la vastità della Diocesi, identificate nelle diverse aree: periferia urbana, hinterland e centro città.

«Innanzitutto si è andati a rintracciare e a riscoprire, – spiega una delle coordinatrici, Maura Budani – nella connessione tra oratorio, territorio e società, le radici e il senso di una presenza che continua e si sviluppa da così tanto, riflettendo su alcuni passaggi: 1551, Roma, Filippo Neri, già da lì molto è cominciato, con un’esperienza di coeducazione nella realtà periferica romana; poi nell’800, in particolare nel 1846, Valdocco, don Bosco, ancora una periferia di città e la sfida che veniva lanciata e accolta per i nuovi bisogni emergenti; terzo passaggio, il ripensamento nel secondo dopoguerra, con le provocazioni del boom economico, i cambiamenti di vita e dei sistemi valoriali, e la questione del Concilio Vaticano II (come l’oratorio ha intercettato questo nuovo “vento” della Chiesa), fino ad arrivare ai nostri giorni e allo strumento con cui oggi l’oratorio si interroga, Oratorio 2020».

«La qualità passa per una significatività del dato. Ogni racconto di vita apre una finestra sul mondo». L’obiettivo: approfondire il “triangolo” società contemporanea, oratori e territori specifici. Si evidenziano nei territori specifici (centro città, periferia, hinterland) alcune differenze (non categorizzazioni nette) più riconducibili a delle tensioni. Nonostante esistano caratteristiche che possano delineare l’identità dell’oratorio è impossibile trovare un oratorio “tipo”, giusto, buono. Gli oratori si collocano all’interno di un territorio, di società specifiche e immersi in un tempo, con la disponibilità di risorse differenti e questo li porta ad assumere delle configurazioni diverse tra di loro.

Quali sono le alleanze che gli oratori instaurano con il territorio? Alleanze educative: oratori e territori si coordinano su obiettivi prettamente educativi; collaborazioni: coordinamenti con altri enti, prestito di spazi ecc.; porte aperte: ci possono essere passanti occasionali, l’oratorio è attraversato dalla gente che abita in quel territorio.

Le attività che caratterizzano la vita degli oratori possono essere suddivise in due macro-categorie: la prima, delle attività dette “cuore”, stanno al centro dell’operato dell’oratorio, caratterizzano l’azione quotidiana (formazione cristiana, evangelizzazione, far conoscere e incontrare Gesù Cristo come modello di vita); l’altra macro-categoria corrisponde alle attività meno centrali, le “attività socio-ricreative”, un corollario, ma rappresentano un’opportunità e permettono di sperimentare la dimensione del dialogo e del ruolo educativo che si può giocare nel territorio, in uscita (possono essere possibilità di incontro a più livelli con realtà presenti sul territorio, nello stesso tempo permettono l’incontro tra persone per esempio per attività sportive o ricreative come il teatro, e possono creare forme d’incontro secondo i bisogni del contesto sociale, es. doposcuola).

Una delle costanti, individuata nelle interviste, è l’intenzione di cercare di offrire a tutte le persone che transitano in oratorio relazioni di qualità, pur nella complessità declinata nei contesti e nelle difficoltà delle attività quotidiane, nella frammentazione della vita, nella tendenza degli adulti e delle famiglie a vivere l’oratorio come un servizio da fruire nella partecipazione ma nella fatica a lasciarsi coinvolgere nella dimensione del servizio e della responsabilizzazione al bene comune, per collaborazioni e aiuti nella gestione. L’importanza della questione della responsabilità: solo gli adulti devono occuparsi dei ragazzi o ci si può affidare ai ragazzi per alcune gestioni ed attività in oratorio? Non come uso strumentale ma come obiettivo formativo, rappresenta una grande potenzialità per i ragazzi prendersi cura dei più piccoli, guidati dai responsabili, ad esempio come animatori durante l’esperienza educativa dell’Oratorio estivo.

«Una lettura articolata e autorevole – commenta don Stefano Guidi – a volte non consideriamo quanto sia grande la complessità di vita, con confini così grandi e profondi, in cui gli oratori abitano e si ha quasi l’illusione di poterla risolvere in chiave teorica o organizzativa. Dobbiamo farci carico di abitarla insieme, nell’interazione».

Alcuni degli stimoli, emersi al termine della restituzione della ricerca durante l’incontro di martedì, interrogano nella riflessione i nostri oratori, nel legame con il territorio, per rispondere alle sfide della società contemporanea:

A quale idea di oratorio auspicare?

Oratorio come casa, come famiglia, di chi?

Come portare la complessità della contemporaneità anche all’interno degli oratori e delle proposte che offrono?

Evangelizzare tramite lo stile nel fare, nello stare e nell’essere, mettendo in campo nuovi strumenti?

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