In occasione dell'ultimo appuntamento del "Gruppo Samuele" (domenica 14 giugno) i giovani partecipanti hanno incontrato l'Arcivescovo, hanno dialogato con lui sulle attese, le intuizioni, le paure e le scelte di vita maturate durante il percorso e, infine, gli hanno consegnato le lettere di fruttificazione, sintesi del cammino intrapreso. Proponiamo la testimonianza di una giovane presente all'incontro.

di Silvia Brambillasca
(Gruppo Samuele 2019-2020)

Giovani in preghiera

“Tu sei prezioso ai miei occhi”: così è iniziato l’ultimo incontro del Gruppo Samuele 2019-2020 che si è tenuto domenica 14 giugno, nel Santuario San Pietro Martire a Seveso. Noi settantaquattro giovani del Gruppo Samuele con una lettera contenente i frutti del nostro cammino, le scelte fatte e le consapevolezze acquisite abbiamo incontrato l’Arcivescovo, Sua Ecc.za Mons. Mario Delpini. Un evento importante sia perché ci ha dato la possibilità di rivederci, pur rispettando il distanziamento, dopo i mesi della pandemia ma anche perché non è stato la fine di un percorso ma il simbolo di un nuovo inizio.

Una giornata preziosa ed emozionante che ha coronato il nostro cammino di vocazione in cui, mettendoci in gioco, abbiamo cercato di rispondere a un quesito del cuore: come possiamo mettere a frutto l’amore che Dio ci dona?
L’Arcivescovo ha ascoltato le nostre domande che hanno ripercorso le attese, le intuizioni, le paure e infine le scelte di vita che sono sorte durante tutto l’anno e che ci hanno permesso di essere più consapevoli di cosa vuol dire essere figli di Dio.
Partendo dalle attese, una giovane ragazza ha chiesto in che modo si potesse discernere un’attesa di compimento da un’attesa di paura. L’Arcivescovo ha risposto che ogni giorno siamo presi dalla frenesia del fare ma arriva un momento in cui è necessario fermarci per riflettere e capire dove stiamo andando. Attendere la felicità vuol dire tendere a…, guardare all’infinito, andare oltre. C’è differenza tra un’attesa che è desiderio che nasce da sé, dall’incompiuto e un’attesa che è risposta a una promessa. La felicità nasce dalla chiamata che il Signore ci rivolge ed è lì che si realizza il nostro desiderio.
Un’altra ragazza però ha domandato: “Come si fa a essere sicuri che l’intuizione che la parola suggerisce è quello che Dio chiede davvero?”. Il segreto, ha detto l’Arcivescovo, è in Gesù che è Dio che si è rivelato; è lì che troviamo la risposta: non dobbiamo dimenticarci di parlare direttamente con Lui attraverso il Vangelo e l’Eucarestia. Durante il nostro cammino però abbiamo incontrato anche molte difficoltà, perché affidarsi completamente e abbassare le nostre difese diventa molto complesso e rischia di creare nel cuore una crisi profonda espressa dalla domanda di questo ragazzo: “Che cosa è in grado di impedirmi di fidarmi di Dio? Non sento la risposta di Dio alla mia ricerca. Come permanere nel silenzio di Dio?“. L’Arcivescovo ha detto che il punto di riferimento è Gesù che non è astratto e non è un dogma. Dio ci chiama a essere suoi figli e noi attraverso la nostra vocazione alla felicità rispondiamo alla sua chiamata. L’ultimo ragazzo che ha dato la sua testimonianza ha parlato della sua scelta di vita, dicendo una frase molto particolare: “Non cerco risposte ma mi affido”; infatti ha chiesto: “Cosa fa sì che il carisma e la mia scelta siano quello che Dio vuole per me?”. La vocazione diventa tale solo se il desiderio si conforma a Gesù, ha detto l’Arcivescovo; una persona che decide di sposarsi o di consacrarsi sceglie in che modo vivere come Gesù.

Dopo il discorso dell’Arcivescovo abbiamo celebrato i vesperi ma il momento più significativo per tutti noi è stata la consegna delle lettere di fruttificazione: in quelle buste ci sono la nostra speranza, la nostra esperienza ma ancora di più la nostra crescita. L’Arcivescovo le ha accolte con un ampio sorriso, ringraziandoci e trasmettendoci tanta serenità.
Tutto questo percorso è stato possibile grazie a don Marco Fusi, don Cristiano Passoni, don Isacco Pagani e tutta l’equipe del Gruppo Samuele che sono stati parte di un’unica Chiesa che ci ha accolto, ci ha accompagnato, ci ha protetto, ci ha sollevato ed è stata testimonianza di Dio. Fondamentali sono stati anche i nostri compagni di tribù (i gruppi in cui eravamo divisi), con i quali ci siamo confrontati e dai quali ci siamo sentiti davvero accolti.
Quest’anno è stato pieno di insidie, un anno in salita. La pandemia ci ha impedito di vederci dal vivo ma abbiamo proseguito gli incontri per vie virtuali: il cammino così ha dato i suoi frutti; siamo giunti a scelte determinate e a cambi di vita più o meno radicali.

Quello che portiamo a casa è la consapevolezza che questo percorso non ha una conclusione ma continua sulle strade della nostra vita, chiedendoci sempre di rispondere alla chiamata di Dio ogni giorno, perché Dio è prezioso ai nostri occhi!

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