Greta, Matilde e Samanta ci raccontano l'esperienza di vita comune vissuta presso "Casa Magis" di Milano: un altro modello di vita comune presente sul territorio della diocesi ambrosiana.


Casa Magis - Milano (2) - Sito

Nella parrocchia milanese di Sant’Eustorgio è nata un’esperienza di vita comune presso “Casa Magis”. Questo nome è stato scelto da un lato per richiamare l’attenzione sulle reliquie dei Magi, parzialmente conservate nella basilica; dall’altro per invitare i giovani ad andare oltre, rimandando all’etimologia del termine.

Tre giovani hanno dato vita con entusiasmo a questa iniziativa nei mesi di maggio e giugno 2022: si tratta di Greta Peruffo, 26 anni, impiegata nell’assistenza presso un brand di lusso; Matilde Donati, 25 anni, insegnante alla scuola dell’infanzia; Samanta Redaelli, 29 anni, impiegata presso l’ufficio per il processo del tribunale di Milano.
Riportiamo qui un’intervista attraverso la quale ci raccontano la loro esperienza.

Perché avete scelto di partecipare al progetto “Vita comune”?
Matilde è entrata in contatto con l’iniziativa grazie al passaparola di un’amica ed ha immediatamente accettato: “Desideravo vivere in un modo particolare: sognavo una vita per Gesù e non semplicemente una vita fuori casa. Questa esperienza era proprio la risposta alla mia ricerca”.
Greta, invece, considerandosi molto “riflessiva e organizzata”, desiderava da molto tempo “mettersi alla prova in modo concreto”.
Samanta, infine, ha colto la proposta di vita comune fattale a conclusione del percorso vocazionale del Gruppo Samuele. L’obiettivo era quello di “conoscere meglio me stessa e vivere la quotidianità con la fede, utilizzando tutto quello che avevo imparato attraverso gli incontri del [suddetto] gruppo”.

Cosa ha caratterizzato l’inizio della vostra esperienza?
Le tre giovani sono entrate in una abitazione già pronta, pertanto non hanno dovuto impegnarsi nella creazione di un’organizzazione da zero.
“La nostra caratteristica è che lavoriamo tutte”, avverte Samanta; e questo ha scandito chiaramente le loro giornate, determinando i tempi da dedicare alla condivisione e al servizio verso il prossimo. Ben presto, però, la convivenza articolata secondo “gli schemi” è diventata voluta e ricercata: “le persone che venivano a trovarci si stupivano che non avessimo ancora litigato dopo due settimane: effettivamente c’è stata grande affinità da subito”, spiega Greta. Un legame basato soprattutto sul “desiderio di vivere una vita grande insieme” -dice Matilde- che ha cementato il loro legame senza rinunciare alla libertà: “non abbiamo scelto regole fisse, tutto si è svolto con grande spontaneità”, illustra Greta.

Quali sono le caratteristiche della vostra vita comune?
“La parola di Dio, che fin da subito abbiamo messo al centro delle nostre giornate, -spiega Matilde-, la condivisione e l’accoglienza verso il prossimo, che si riflettono soprattutto nelle varie esperienze di servizio”.

Quali sono, nello specifico, i servizi di carità a cui vi siete dedicate?
Tutte e tre le giovani si sono dedicate, il mercoledì sera, alla visita ai senzatetto organizzata dal Gruppo Papa Giovanni XXIII. In aggiunta, poi, Greta e Samanta si occupavano, il martedì sera, del centro di ascolto e, il sabato mattina, della mensa di via Ponzio (zona Piola – Milano); mentre Matilde prestava servizio anche presso l’Emporio della Solidarietà di Lambrate (Milano), il martedì mattina, tre ore prima di iniziare il lavoro.

Com’erano strutturati i momenti di preghiera?
“Una volta al mese, dopo la messa dalle 18, svolgevamo una condivisione con i giovani lì presenti. Mentre con don Marco Fusi (responsabile della Pastorale Giovanile diocesana e referente di questa esperienza di vita comune) e Roberta Casoli (ausiliaria diocesana), dopo la cena leggevamo il Vangelo della domenica, a cui seguiva una piccola lectio con domande finali. Inoltre, abbiamo partecipato a diversi eventi sul territorio come ad esempio la settimana vocazionale”, racconta Greta.

Che rapporto si è creato con la comunità?
Fin da subito è stato molto stretto grazie ai diversi servizi caritatevoli svolti: “le stesse persone incontrate a messa erano quelle viste il giorno prima al centro d’ascolto o alla mensa. Questo ci ha fatte sentire parte della comunità”, afferma Samanta.

Come si è evoluto il vostro rapporto con Dio attraverso l’esperienza della vita comune?
Greta, dopo essersi messa alla prova con qualcosa di concreto, ha rivalutato l’importanza di dare una base spirituale al proprio agire: “avere un rapporto stabile di preghiera con Dio è fondamentale per poi fare il servizio. Senza quello è come costruire una casa sulla sabbia”.
Matilde, invece, ha tratto beneficio in primo luogo dal contesto dell’abitazione stessa, al cui interno è presente una cappella che consente l’adorazione eucaristica costante: “mi ha dato modo di fermarmi, fare silenzio e riflettere sul significato di porre la mia vita nelle mani di Cristo”. In secondo luogo ha avuto un assaggio dell’amore divino grazie alla comprensione e all’accoglienza delle sue coinquiline: “sono un po’ smemorata, distratta e questo mi faceva stare male, mi giudicavo spesso. Qui, invece, mi sono sentita accolta, voluta bene e ho capito che non è l’ordine formale il punto focale nella vita”.
Samanta, invece, ha imparato quanto il rapporto personale con il Signore non sia fine a se stesso ma debba portare sempre all’apertura verso l’altro: “prima vivevo il rapporto con Dio solo come preghiera personale, facevo fatica a vederlo negli altri. Ora invece no, cerco la sua manifestazione ovunque. Inoltre, non mi basta più cercare Gesù per me stessa, ma voglio portarlo agli altri; voglio che, quando qualcuno mi guarda, possa scorgere una scintilla dell’amore di Dio”.

Cosa vi portate nel cuore di questa esperienza?
Matilde non ha dubbi: “il valore dell’accoglienza: questa esperienza e i servizi caritatevoli svolti mi hanno educata a considerare tutti come comunità: tutti sono un dono per me”; insieme a una frase detta da don Marco in uno dei vari incontri: “ciò che ti è dato ti corrisponde”. “È così che desidero vivere: nella consapevolezza che tutto quello che mi accade nella giornata è un dono di qualcun altro”.
Anche Greta non ha dubbi: “la grandezza di questa esperienza e di conseguenza la consapevolezza di non riuscire più ad accontentarmi di poco: c’è qualcosa che va oltre”.

Come intendete proseguire questa esperienza?
L’augurio di tutte e tre è di portare quello che hanno trovato qui, ovunque vadano.
Matilde, ad esempio, ha già offerto a delle amiche di vivere insieme, ripetendo questa esperienza, ovvero trascorrendo la quotidianità senza scindere fede e routine. Samanta, resasi conto che “la vita condivisa è più bella”, sta cercando di “fidarsi del fatto che la strada intrapresa è quella giusta: non sempre, infatti, è tutto rose e fiori: devo seguire questa chiamata, anche se non so cosa aprirà, ma devo fidarmi”. Anche Greta confida di “seguire la propria vocazione, mezzo autentico per gettare le basi di una vita futura”.
Tutte e tre, inoltre, confidano che altri giovani possano accedere e beneficiare di questa esperienza che, in ultima analisi, come dice Matilde, “propone di trascorrere del tempo imitando la vita che Gesù ha condotto con i suoi amici: mettere al centro Lui, lasciando la tua vita com’è”; l’invito è che altri giovani “abituino il cuore all’accoglienza” e sentano “il richiamo di una vita più grande”.

Ti potrebbero interessare anche: