Sabato 6 febbraio 2021 si è tenuto in modalità online il convegno di Pastorale Giovanile sul tema della vita comune e della fraternità, al quale ha preso parte come principale relatore il teologo Timothy Radcliffe, che ci ha aiutato a riflettere intorno a queste importanti tematiche: oltre alla registrazione video del convegno, rendiamo scaricabile il suo intervento.

A cura del Servizio per i Giovani e l'Università

Giovani - gruppo

Sabato 6 febbraio 2021 si è tenuto (in modalità online) un convegno, rivolto in particolare agli educatori dei gruppi giovanili e più in generale a tutte le persone interessate, durante il quale si è riflettuto sul tema della fraternità e della vita comune.

L’incontro è iniziato con dei workshop: ai partecipanti, suddivisi in gruppetti da 7-8 persone, sono state poste tre domande: con la prima si è chiesto loro di raccontare un’esperienza bella, positiva di vita comune; con la seconda di indicare le difficoltà, le opportunità o i rischi correlati alla vita comune; con l’ultima di esprimersi su ciò di cui hanno bisogno le esperienze di vita comune, su quali dovrebbero essere i punti di partenza reali, necessari, indispensabili di tale esperienza.

All’interno di questi piccoli gruppi sono emerse idee e sono stati condivisi spunti di riflessione, che saranno oggetto di ulteriore approfondimento da parte dell’equipe diocesana che si occupa della vita comune.

L’incontro si è poi sviluppato intorno all’intervento del teologo domenicano Timothy Radcliffe, collegato dall’Inghilterra.

Per iniziare, egli ha sottolineato che “noi siamo già fratelli e sorelle in Cristo. Siamo la famiglia di Dio. Ci rivolgiamo a Dio come Nostro Padre e a Gesù come nostro fratello. Fratello e Sorella sono gli unici titoli importanti nella Cristianità”. Da qui la domanda: “Come può la vita comune aiutarci a diventare completamente ciò che noi siamo già in Cristo, cioè fratelli e sorelle? Come le nostre famiglie, le nostre parrocchie e le comunità ci formano alla fraternità con gli sconosciuti?”.

Per rispondere a tale domanda, Radcliffe si è concentrato sul tema della casa, poiché “essere fratelli e sorelle significa sentirsi a casa con qualcuno. […] Sentirsi a casa è forse il desiderio più importante dell’uomo. […] Dio ci dice: vieni a casa”.

In particolare il teologo domenicano ha sottolineato come la casa debba avere due caratteristiche fondamentali: “l’accettazione incondizionata e la sfida del crescere”.

Essa è innanzitutto un luogo dove non bisogna giustificare la propria presenza: “Proprio perché la Chiesa è la nostra casa, non dovremmo affrontare l’interrogatorio di chi siamo e cosa abbiamo fatto. Lì siamo come bambini all’interno della famiglia“.

“Ma una vera casa può anche essere faticosa qualche volta”, ha aggiunto Radcliffe. “Impariamo a crescere. […] Nelle nostre comunità siamo incondizionatamente accettati per come siamo, ma siamo anche invitati a diventare ciò che Dio ci chiama ad essere. […] Impariamo a vedere, a camminare e a parlare come fratelli e sorelle in Cristo”. Ecco perché “la vita comune nelle nostre parrocchie, nelle comunità religiose o laiche dovrebbe semplicemente insegnare l’inizio di ogni discepolato cristiano, cioè l’arte di vedere gli estranei come nostri fratelli e sorelle in Cristo”.

Crescere però comporta anche fallire ed osare farlo: “Se non osi fallire, non sei a casa. Ogni essere umano cresce attraverso diverse crisi. […] Senza crisi non cresceremmo mai e non diventeremmo fratelli e sorelle di nessuno”. A questo proposito Radcliffe ha posto un’ulteriore domanda ai suoi ascoltatori: “La vostra casa, la vostra famiglia, parrocchia, comunità religiosa o laica, è un luogo dove potete fallire serenamente, e attraversare delle crisi con speranza? Se uno dei nostri fratelli o sorelle ha una crisi lo ignorate e fingete che non sia successo niente? O lo aiutate a vivere la crisi come un’opportunità per una nuova vita? Scappate o siete come una levatrice di un nuovo inizio?”.

Un altro passo fondamentale per costruire una fraternità universale è l’atto del parlare. In particolare “parlare con l’estraneo come a un fratello o sorella; […] parlare alla persone che hanno idee radicalmente diverse dalle mie. […] Costruire la fraternità universale – Fratelli tutti – significa parlare con le persone che potrebbero non volere parlare con te”.

Questo passo deve iniziare proprio nelle nostre comunità, imparando ad amare tutte le tipologie di persone: quelle di cui condividiamo le opinioni e quelle di cui rigettiamo le opinioni, andando alla ricerca della verità presente in entrambe. “La conversazione decolla quando entriamo nella verità dell’altro e lasciamo che l’altro veda la nostra” ha affermato Radcliffe. Anche questa è un’arte che dobbiamo apprendere nelle nostre comunità.

Alla conclusione del suo intervento il teologo domenicano ha affermato, ben sintetizzando il suo intervento, che “le nostre comunità, le nostre famiglie, le nostre parrocchie e comunità religiose dovrebbero educarci ad essere fratelli e sorelle del mondo. Fratelli Tutti! Dovrebbero essere case in cui siamo accettati incondizionatamente, ma allo stesso tempo invitati a crescere. Come bambini impariamo a vedere i volti, non solo quello della madre, ma anche quelli degli sconosciuti. Impariamo a camminare, a prendere iniziativa, a cadere e a rialzarci. Una vera casa è un luogo dove puoi sbagliare. Come bambini impariamo a parlare non solo con i membri della nostra famiglia, ma anche con gli sconosciuti. E quando non possiamo, speriamo ancora nel giorno in cui poterlo fare”.

Al termine del suo intervento a Radcliffe sono state poste delle domande: a tutte egli ha risposto, cogliendo l’occasione per approfondire alcuni dei punti toccati nella relazione.

Quindi è seguito l’intervento di don Samuele Marelli, attualmente Vicario parrocchiale della Comunità pastorale “S. Giovanni Paolo II” in Seregno e per diversi anni direttore della Fondazione diocesana per gli Oratori Milanesi (FOM), che ha condiviso con i partecipanti al convegno alcune considerazioni e approfondimenti sulla vita comune frutto dei suoi studi e della sua esperienza sul campo (in proposito a breve sarà disponibile, edita da Centro Ambrosiano, una sua pubblicazione dal titolo: Fare casa. Giovani e vita comune).

Successivamente, Cristina Pasqualini e Fabio Introini, docenti di Sociologia presso l’Università Cattolica di Milano, hanno indicato lungo quali vie proseguirà la riflessione circa le esperienze di vita comune a partire dai risultati dell’indagine #VitaComune, promossa negli scorsi mesi da ODL (Oratori Diocesi Lombarde) in collaborazione con l’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo di Milano ed il contributo di Regione Lombardia.

Infine, sono stati lanciati gli “open day” del prossimo maggio/giugno, attraverso i quali si vorrebbe, pandemia permettendo, proseguire questo lavoro di studio della vita comune, presentando l’esperienza di alcune realtà dove essa viene concretamente vissuta.

Per avere un quadro completo di tutti gli interventi rimandiamo alla registrazione video del convegno.

Rendiamo inoltre scaricabile il testo dell’intervento del teologo domenicano, che ringraziamo di cuore per la partecipazione a questo convegno.

Il nostro auspicio ed il nostro invito sono che le comunità cristiane ambrosiane siano sempre più luogo di comunione e fraternità: questo a vantaggio delle giovani generazioni, che guardano alla Chiesa sperando di trovare in essa una casa in cui crescere come fratelli e sorelle nella fede.

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