L'Arcivescovo Mario Delpini ha voluto partecipare di persona all'Assemblea elettiva del CSI con un suo intervento che è stata una forma di benedizione per quanti operano nel mondo dello sport in oratorio e dentro ogni attività e proposta ci mettono la "gioia".

+ Mario Delpini
Arcivescovo di Milano

Mons. Mario Delpini

Generare futuro. Interpretare questo momento della pandemia come un tempo propizio per generare futuro è certamente un frutto dell’atteggiamento cristiano nei confronti della vita.

 

Generare, metafora suggestiva per ogni impresa educativa, è una immagine misteriosa e affascinante.

 

Quale è il principio della generazione?

 

Ci vuole la volontà, ma non basta: generare/educare non è un frutto del volontarismo. Il volontarismo, cioè quella decisione di impegno si logora e si esaurisce di fronte alle delusioni e diventa una triste, disperata testardaggine o un radicato risentimento che cerca colpevoli.

 

Ci vuole l’energia, ma non basta: generare/educare non è un frutto automatico di risorse, di impulsi vitali, di insofferenza verso lo stallo. Le energie, le risorse sono esposte al rischio della dispersione, del protagonismo.

 

Il principio del generare futuro è la gioia. Ci vuole la gioia, ci vuole la gioia che è una sorta di luce che si irradia per una sua intima essenza e fa luce anche se l’ambiente è buio, se i cuori sono stanchi, se gli animi sono scoraggiati.

 

Ci vuole una gioia che non sia solo la soddisfazione dei risultati. I risultati sono importanti per la gioia, ma non sono decisivi. Vincere una partita è un risultato che dà gioia, ma c’è una gioia più profonda che è quella di giocare, di aver giocato, anche se sconfitti. Il rischio di far dipendere la gioia dalla gratificazione effimera dei risultati è un principio di esasperazione dello sport che porta alla competizione.

 

Ci vuole una gioia che non sia solo la gratificazione della popolarità e dei numeri. I numeri sono importanti, la popolarità è importante perché è una conferma dell’affidabilità, è un riconoscimento della fiducia che genitori ed educatori hanno nel CSI. Ma la gratificazione della popolarità rischia di servire più alle ambizioni dei dirigenti e dei responsabili che all’educazione dei ragazzi e dei giovani atleti.

 

Ci vuole una gioia che viene da un’intima attrattiva del bene, dalla gratitudine per il bene ricevuto che diventa una passione per condividere, dalla libertà interiore che vive la dedizione come obbedienza a una ispirazione persuasiva e quindi non ospita motivazioni ambigue, finalità egoistiche.

 

Ci vuole una gioia che viene, in sostanza da Dio. Perciò invoco una speciale benedizione di Dio. La benedizione di Dio è una dichiarazione di alleanza: Dio è alleato con i suoi figli benedetti per il bene, perché li accompagna nel compiere il bene. La benedizione del Vescovo non dice solo le intenzioni di Dio di essere alleato di coloro che generano futuro, ma anche l’alleanza della Chiesa con tutti coloro che mossi da una passione educativa operano per il bene dei più giovani promuovendo la pratica sportiva come risorsa educativa.

 

Si dice che il settimo giorno Dio riposò. È una immagine per dire la gioia di Dio per l’opera del suo amore. Che cosa fa Dio nel settimo giorno, il giorno del suo riposo? Possiamo immaginare che nel settimo giorno Dio gioisca della sua creazione e delle opere dell’uomo e della donna creati a sua immagine e somiglianza. Forse si può anche immaginare che Dio nel settimo giorno, il sabato, gioisca guardando le partite del CSI e infonda gioia in tutti gli amici del CSI.

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