Il «quoziente comunitario» delle nostre comunità si misura su diversi elementi che siamo chiamati a verificare, perché l’educazione dei ragazzi al senso di Chiesa e all’incontro vivo con il Signore Gesù nella comunità cristiana, che genera appartenenza responsabile e adesione, sia davvero sempre più efficace.


1.95389

«Possiamo affermare che l’oratorio è l’espressione della comunità ecclesiale che, sospinta dal Vangelo, si prende cura, per tutto l’arco dell’età evolutiva, dell’educazione delle giovani generazioni. In esse vediamo crescere, con il sostegno di adulti testimoni del messaggio evangelico, i protagonisti e costruttori della società del domani.»
(Cei, Il laboratorio dei talenti, cit., n. 7).

1. Oratorio non «isola» ma «ponte». Innanzitutto, occorre che sia sempre più evidente il doppio contatto, da un lato, con la vita della parrocchia o della comunità pastorale e, dall’altro, con il contesto vivo del proprio territorio, della scuola, della vita delle famiglie, dei luoghi del disagio e dell’emarginazione, perché l’oratorio non sia un’«isola felice» che si arrocca su se stessa (sia nei confronti della comunità cristiana adulta sia nei confronti della realtà del mondo) ma sia veramente un «ponte tra la Chiesa e la strada», capace di dare nuova linfa vitale anche attorno a sé e che, quindi, contribuisce concretamente alla rigenerazione – in vista del futuro – sia della comunità cristiana sia della società, rimandando ogni volta i ragazzi a una partecipazione attiva alla vita ecclesiale e ai propri impegni nei confronti del mondo.

 

2. Oratorio delle «differenze». L’oratorio così si configura come un luogo in cui sono accolte e valorizzate le differenze e le diversità, in cui si sperimentano nuovi modi per stare insieme, si condividono le scelte e i cammini, si fanno solo quei passi che tutti possono capire, pur considerando percorsi differenziati, che valorizzino le potenzialità dei gruppi e dei singoli. In oratorio non si «isolano» le persone mai e da nessun punto di vista («Solo insieme»): non si lascerà nessuno da solo a tirare o a spingere e non si lascerà indietro nessuno che non aderisca pienamente all’idea che abbiamo in testa. Il costante riferimento alla cura dei ragazzi di ogni età, specialmente quelli in difficoltà o che «fanno fatica», sarà la «chiave di lettura» su cui costruire ogni nostra proposta.

 

3. Oratorio «reale» e «alto». Se un oratorio non è mai separato dalla vita dei ragazzi e delle loro famiglie, riuscirà a costruire per loro un ambiente dove sentirsi a casa, da protagonisti. Puntare sulla responsabilizzazione di ciascuno e non lasciarlo solo a fare quello che gli è stato chiesto sono due condizioni per un oratorio che sia comunità. Non una comunità idealizzata ma quella che l’insieme dei nomi e delle persone che la formano riesce a realizzare, se essa si lascia guidare dallo stile del Signore Gesù e quindi dal Vangelo.

Per ciascuno c’è una strada di santità e una vocazione che è cura dell’oratorio tenere in alta considerazione per tutto il tempo in cui ogni ragazzo o ragazza sono «con noi». Puntare a meno della santità significa perdere qualcosa dell’appartenenza ecclesiale dell’oratorio!

 

4. Oratorio «ora et labora». Un’altra condizione fondamentale che fa dell’oratorio una comunità è la presenza in esso sia di unapreghiera costante, fatta per e con i ragazzi, sia di una carità fattiva che si traduce in opere concrete, progetti, attenzioni specifiche per i poveri, che coinvolgono direttamente i più giovani nel raggiungimento di obiettivi condivisi. I tempi dell’oratorio devono essere quindi scanditi con regolarità dalla preghiera e dalle celebrazioni insieme (nello stile della festa) e orientati (soprattutto nei tempi forti dell’anno) a mettere al centro la carità come forma più alta di educazione alla fede e di integrazione con la vita.

 

Siamo chiamati quindi a enfatizzare tutto ciò che qualifica l’oratorio come comunità (si pensi anche al costante riferimento ai «quattro pilastri» presentati dall’arcivescovo, rileggendo l’esperienza dei primi discepoli in Atti 2). Una comunità, quella dell’oratorio, che è espressione della comunità cristiana di un determinato territorio e che da essa proviene e a essa rimanda, e che include gruppi ed esperienze comunitarie (come quella delle comunità educanti) che formano uno stile di familiarità e di fraternità capace di curarsi delle giovani generazioni e di coinvolgerle in prima persona, perché possano stare con il Signore, imparare da lui a vincere il male e diventare sempre più testimoni del Risorto.

Facendo esperienza di una Chiesa aperta al mondo, anche i ragazzi, passo dopo passo, con la loro unicità e con la forza del loro nome (cioè con la loro identità e personalità), potranno contribuire a formare una comunità dove sia bello vivere insieme e condividere fraternamente la vita, in relazione con il Signore e nel cammino di santità che siamo chiamati a percorrere dietro a lui.

Ti potrebbero interessare anche: