Il tema per il cammino oratoriano nell'anno della fede


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La chiave della fede in oratorio: la festa
L’oratorio, casa della fede     L’appoggio sui «fondamentali»
La costanza del «bello»     Due «conoscenze» per il salto
Un salto libero     L’oratorio, una «porta della fede»

C’è un salto che dobbiamo fare perché corrisponde ad una chiamata che ci viene da Colui che ci ama. È il salto della fede, di chi corre incontro al Signore Gesù perché ha sentito la sua voce. È un salto coraggioso che è segno di una scelta risoluta, che riempie il cuore di gioia. Questo salto per i ragazzi dei nostri oratori, in quest’Anno della fede che il Papa ha voluto per la Chiesa, diventa per noi un grido forte: «JUMP!».

Prepariamo i ragazzi a fare questo salto, sproniamoli e animiamoli con tutto l’entusiasmo che la nostra fede sa generare e sa trasmettere, dicendo loro: «Salta! Fidati! Balza in piedi, fai “jump!”, come quel cieco sulla strada che parte da Gerico, come Bartimeo (cfr. Icona biblica), e vieni da Gesù, insieme ai tuoi compagni; chiedigli con fiducia quello che hai nel cuore, non dare nulla per scontato, prega con semplicità, e vedrai che ci sarà una risposta che vale la tua felicità: anche a te Gesù dirà: “Va’, la tua fede ti ha salvato”». Insieme, con la fede che condividiamo nell’unico Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, rinnoveremo la nostra scelta di seguire il Signore lungo la strada che lui va tracciando per noi.

L’incontro con il Signore Gesù sarà il cuore di questo Anno oratoriano 2012-2013 che coincide sostanzialmente con l’Anno della fede voluto da Papa Benedetto XVI «per riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede» (Porta Fidei, 7).

Anche nei nostri oratori vivremo questo impegno trasmettendo «i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata», e riflettendo con i più giovani «sullo stesso atto con cui si crede», perché insieme, a qualsiasi generazione apparteniamo, possiamo professare la nostra fede.

LA CHIAVE DELLA FEDE IN ORATORIO: LA FESTA

L’elemento chiave di quest’anno sarà la dimensione della festa e della gioia che vogliamo ritrovare come condizione permanente della vita in oratorio.

Per questo diciamo «Jump!», pensando allo slancio irrefrenabile di chi gioca, si diverte, non si ferma mai – e nemmeno lo vorrebbe – perché sta provando la bellezza dello stare insieme, sta sperimentando cosa significa sentirsi a casa, sorretto, amato, accompagnato, animato, spronato a fare sempre meglio e a dare di più!

L’estensione oratoriana della fede sta nel costruire una comunità a partire dai più piccoli e dai più giovani, una comunità che mette al centro l’educazione e quindi l’accoglienza, il rispetto, la libertà, l’intelligenza delle giovani generazioni per invitarle a crescere e a maturare nella vita e nella fede, in un equilibrio che non sarà mai precario perché si costruisce sul vangelo.

L’oratorio è chiamato a essere una comunità festosa – a sfruttare soprattutto la celebrazione del giorno festivo per esserlo – dove la festa è preparata dai più grandi per i più piccoli. Pensiamo che questa possa essere una delle eredità di Family 2012. Il VII Incontro Mondiale delle Famiglie segna inevitabilmente il cammino anche di questo Anno della fede, soprattutto per la nostra diocesi e quindi anche per i nostri oratori.

«Jump!» è il salto di qualità che migliora la cura dell’ambiente oratoriano, il coinvolgimento di nuove figure educative, l’impegno degli animatori anche durante il tempo «invernale», l’invito al gioco, il patto e la collaborazione con i genitori per una presenza dei ragazzi in oratorio durante il loro tempo libero e «informale». È così che la trasmissione della fede in un «Dio vicino» passa attraverso la relazione educativa e l’intelligenza delle proposte, in un luogo e in un tempo favorevole che è l’oratorio.

L’ORATORIO, CASA DELLA FEDE

Le parole di Papa Benedetto XVI nella sua visita a Milano sono il punto di partenza per fare il nostro salto. Riferendosi all’oratorio nel suo discorso ai ragazzi della Cresima, nella bellissima festa di San Siro il 2 giugno scorso, così lo descriveva: «L’oratorio, come dice la parola, è un luogo dove si prega, ma anche dove si sta insieme nella gioia della fede, si fa catechesi, si gioca, si organizzano attività di servizio e di altro genere, si impara a vivere, direi. Siate frequentatori assidui del vostro oratorio, per maturare sempre più nella conoscenza e nella sequela del Signore!» (Stadio Meazza, 2 giugno 2012).

Il «lavoro» dell’oratorio, che noi ci assumiamo, consiste nel generare occasioni in cui «si sta insieme nella gioia della fede», come ci dice il Papa, e dove ogni attività integra la fede con la vita perché in oratorio – è sempre il Santo Padre che ce lo dice – «si impara a vivere»!

L’APPOGGIO SUI «FONDAMENTALI»

L’integrazione fede e vita, principio fondante e obiettivo dell’oratorio, si realizza proponendo ai ragazzi una vita evangelicamente vissuta, cioè la «vita buona del Vangelo». Questa proposta parte da un convincimento che è un piccolo credo di ogni educatore cristiano e che il Concilio Vaticano II – al centro delle celebrazioni dell’Anno della fede – ha così bene sintetizzato: «Chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, diventa anch’egli più uomo» (Gaudium et Spes, 41).

Per esercitarsi nel salto della fede occorre dunque partire dai «fondamentali», individuarli, sintetizzarli e riproporli con strumenti e linguaggi «che sono quelli dell’esperienza quotidiana dei più giovani: aggregazione, sport, musica, teatro, gioco, studio» (Educare alla vita buona del Vangelo). Per questo diciamo «Jump!» e parliamo ai ragazzi – come loro possano intenderci – del salto della fede che parte dall’accorgersi di essere amati da Dio, dall’accogliere la sua Parola e obbedire ad essa per poi vivere con costanza i sacramenti e il comandamento dell’amore, dentro una comunità in cui ci si vuole bene, ci si perdona e si accolgono tutti, con un’attenzione a rimanere «su» in alto, là dove il salto ci ha condotti, in compagnia di Gesù, imparando a pregare ogni giorno con fiducia e fedeltà e ad affidarci a Lui, confidando nella sua amicizia (è utile per questi «fondamentali della fede» tenere presente l’Omelia del Santo Padre durante la Messa a Bresso del 3 giugno 2012 per Family 2012).

LA COSTANZA DEL «BELLO»

Il bello di tutto questo consiste nell’invito che gli stessi ragazzi possono rivolgere ai loro amici, ai loro genitori, ai loro familiari e parenti a «riscoprire il cammino della fede», dimostrando, innanzitutto attraverso le loro azioni quotidiane, «con sempre maggiore evidenza la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo» (Porta Fidei, 2). Nei nostri oratori ci sono ragazzi che credono e che possono porsi consapevolmente al servizio della «nuova evangelizzazione». Questi ragazzi cercano da noi «proposte alte» – proposte «Jump!» potremmo dire quest’anno – fatte da parte degli educatori con costanza e attenzione, delicatezza e determinazione, coraggio e passione. Richiedere la costanza negli impegni e nella presenza prevede, da parte nostra, una fedeltà a proporre sempre ciò che è bello e entusiasmante per i ragazzi, sapendo che non è la fatica che li scoraggia ma la noia! Ogni proposta quindi va calibrata, preparata bene e accettata con convinzione per essere lanciata provocando innanzitutto la gioia. L’improvvisazione non fa scattare la scelta gioiosa della fedeltà come non lo fanno neppure il perfezionismo o l’attesa di «tempi migliori»…

La costanza è dunque un altro elemento chiave dell’Anno oratoriano «Jump!», una costanza «richiesta» ai ragazzi perché innanzitutto è loro offerta e testimoniata dai più grandi, come segno di una fedeltà a ciò che conta davvero, che risulta evidente proprio perché prima viene vissuto da chi lo propone.

DUE «CONOSCENZE» PER IL SALTO

Abbiamo la responsabilità di costruire le basi perché Gesù sia riconosciuto, amato, custodito e perché sia Lui a guidare i passi dei ragazzi anche in futuro.

Le basi per un salto della fede che duri tutta la vita sono la nostra testimonianza e il continuo riferimento alla Parola di Dio. San Paolo parlando a Timoteo traccia questo orizzonte: «Tu però rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù» (2 Timoteo 3, 14-15). La conoscenza di persone affidabili, di credenti che siano innanzitutto credibili, con cui i ragazzi possano addirittura instaurare un rapporto di confidenza e fiducia, è determinante per la fede delle giovani generazioni. Scriveva don Bosco nella Lettera da Roma del 1884 riferendosi alla relazione educativa: «Familiarità coi giovani specialmente in ricreazione. Senza familiarità non si dimostra l’amore, e senza questa dimostrazione non vi può essere confidenza».

L’altra conoscenza, ancora più importante, è quella della Parola di Dio; anche qui occorre esercitare i ragazzi ad una certa familiarità e confidenza con essa, perché, come scrive san Paolo: «La fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo» (Romani 10, 17).

Anche in oratorio possiamo impegnarci quest’anno a trovare forme per superare l’ignoranza dei contenuti del Vangelo che spesso hanno anche i bambini, che in famiglia – forse – non «respirano» più il racconto e l’esperienza della vita del Signore Gesù.

UN SALTO LIBERO

Quando diciamo «Jump!» parliamo di un salto che non può che essere uno slancio libero, privo di grossi vincoli, che va oltre gli ostacoli e cerca di superarli. La libertà è una condizione essenziale della vita di fede. Tutto ciò che richiama la libertà – e quindi la scelta di un cuore libero – potrà costruire le nostre proposte in oratorio e ne sarà il punto di partenza. Potremo vedere la storia della fede, fatta della vita dei suoi testimoni, leggendola come una storia di persone libere. In chiave educativa la libertà è sempre una scelta di fedeltà e quindi per i ragazzi un esercizio di obbedienza, di costanza e di fiducia e amore nei confronti di chi fa una proposta che impegna. Del resto, solo l’amore corrisposto è vincolante: «l’obbedienza nasce dall’amore» (liturgia).

L’ORATORIO, UNA «PORTA DELLA FEDE»

La libertà in oratorio significa anche larga accoglienza. In oratorio ci sono delle regole che valgono per tutti ma la prima regola consiste nell’apertura delle porte proprio a tutti.

Ogni porta determina un passaggio, che, per chi entra, deve essere il più consapevole possibile. Anche la porta dell’oratorio è una «porta della fede» perché chi la oltrepassa si accorge della differenza e ritrova uno stile inconfondibile, capace di contagiare. È davvero così? Quest’anno l’oratorio è chiamato a interrogarsi su questo «passaggio». L’oratorio non è la piazza, non è la strada, non è il centro commerciale o il semplice campo da calcio o di allenamento: l’oratorio è una «incarnazione» del Vangelo e chi lo abita è invitato ad esserne cosciente e a dare il suo contributo perché attraverso l’oratorio «passi» l’annuncio.

Quest’anno ci impegneremo anche a guardare i luoghi dell’oratorio nelle loro potenzialità evangelizzatrici. Potrebbe essere un lavoro che può fare il consiglio dell’oratorio, insieme agli educatori e animatori: plasmare e caratterizzare ogni ambiente perché in un certo senso possa «annunciare il Vangelo». È così che anche il bar, allestito in un certo modo e abitato con «stile», può essere evangelizzatore.

La porta più aperta e invitante dell’oratorio deve restare quella della cappellina, il luogo dell’incontro con il Signore, in cui tenere fisso lo sguardo su Gesù, «colui che dà origine alla fede e la porta a compimento» (Ebrei 12, 2); lo spazio in cui gettare via atteggiamenti contrari al Vangelo e confessare personalmente la propria fede, in ogni momento. Suggeriremo le forme per rendere la cappellina il «punto» in cui la fede dei ragazzi si manifesta con una preghiera semplice che è capace di trasformare la vita quotidiana.

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