Raccogliamo il grazie di tutti gli oratori della nostra grande diocesi verso tutti i preti che in queste settimane stanno cambiando, certo con fatica, con qualche sofferenza e preoccupazione, ma sempre con grande spirito di fede e amore alla Chiesa.

Don Stefano Guidi
Direttore della Fondazione Oratori Milanesi

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L’estate è un tempo a volte frenetico. Non soltanto per le innumerevoli attività estive che i nostri oratori sanno realizzare, ma anche per il “via vai” dei preti responsabili di oratorio. Da questo punto di vista stiamo vivendo un’estate veramente calda, torrida. Che cosa si muove nel cuore di un prete a cui viene chiesto di cambiare? Che cosa si muove nel cuore di un oratorio che lascia il suo Don e si prepara ad accoglierne uno “nuovo”… o forse si prepara a non avere più il suo Don?

È veramente difficile raccontare ciò che avviene nel segreto dei cuori. Nella storia personale dei preti ambrosiani le pagine di addio sono un racconto prezioso, ricco di umanità, ricco di Grazia. Un racconto di cui andiamo fieri. Noi preti ambrosiani abbiamo la “fortuna” di muovere i nostri primi passi tra i ragazzi e i giovani. Abbiamo la grazia straordinaria di accompagnare ragazzi che crescono e di vederli crescere, maturare, cambiare. Che cosa nasce – in termini di rapporti personali – tra un prete e i suoi ragazzi, dopo sette, otto, dieci anni di oratorio vissuti insieme? Difficile esprimere tanta ricchezza di umanità.

 

Vorrei raccogliere qualche semplice pensiero per accompagnare questo passaggio delicato, eppure provvidenziale.

Ogni prete lo sa: noi siamo fatti per andare, non per restare. Il momento in cui riprendiamo la valigia della nostra vita e ci mettiamo in cammino è un tempo di grande espressione di fede. Noi andiamo, Gesù resta. Noi siamo fatti per preparare i cuori affinchè Lui li abiti. È uno strappo inevitabilmente doloroso. Ma dobbiamo riconoscere che serve anche a noi, per rimettere al centro della nostra vita Colui al quale l’abbiamo donata per sempre.
Ai preti che cambiano bisogna dire grazie. Bisogna esprimere affetto e stima. Soprattutto il grazie va detto con la preghiera e nella preghiera. Il prete è un grande dono. Un dono del Padre, al di fuori della logica della gestione e del merito. Vorrei raccogliere il grazie di tutti gli oratori della nostra grande diocesi verso tutti i preti che in queste settimane stanno cambiando, certo con fatica, con qualche sofferenza e preoccupazione, ma sempre con grande spirito di fede e amore alla Chiesa.

 

Ogni oratorio lo sa: un prete non resta per sempre. Il cambio è un momento di gratitudine e di prova di maturità. Ogni oratorio deve esprimere grande responsabilità e grande spirito di comunione, senza cedere alle emozioni negative, senza enfatizzare le virtù del predecessore col rischio di incrinare la fiducia verso il successore. Senza scadere in una logica deteriore di spartizione di potere. Questo tempo di passaggio va vissuto in un atteggiamento di fede e preghiera, che apre alla comunione e alla collaborazione tra tutte le parti dell’oratorio. Un pensiero molto speciale agli oratori a cui il prete viene tolto senza una possibile “sostituzione”. Lì c’è bisogno un surplus di energia, di collaborazione, di stima e fiducia reciproca. Occorre puntare fin da subito e senza esitazione alle risorse positive che ogni oratorio possiede. Senza dimenticare che in ogni oratorio è davvero grande e decisivo l’apporto delle religiose e degli educatori, così come quello dei genitori e dei volontari.
È necessario che queste mani si uniscano e si stringano in una collaborazione più convinta. Non sono pochi gli oratori che – ormai già da anni senza la presenza fissa e stabile di un prete dedicato appositamente a loro nello specifico – continuano a mantenere viva e vivace la pastorale dei ragazzi, in maniera seria, aggiornata, con un vero spirito ecclesiale.

 

Ogni prete lo sa. Ogni oratorio lo sa. Ogni giovane lo sa. L’ultimo pensiero lo rivolgo ai ragazzi e ai giovani dei nostri mille oratori. A quei giovani che – senza clamore – trovano quotidianamente nel Don dell’oratorio, un amico, un fratello, a volte perfino un padre. Mi rivolgo a loro con benevolenza e affetto. Li conosciamo bene: sono le perle preziose delle nostre parrocchie. A ciascuno di loro chiedo di fare un esercizio di memoria e di responsabilità. Parafrasando una pagina memorabile del Libro del Deuteronomio, vorrei dire a ciascuno: “ricordati di tutto il cammino che il Signore ti ha fatto compiere in questi anni” (cfr. Dt 8)… quel prete che hai incontrato è stato un ragazzo e poi un giovane come te. È un uomo come te. Ad un certo punto il Vangelo l’ha “preso” così tanto, da fargli immaginare una follia pura: prendere in mano la sua vita per metterla a servizio della Chiesa. E così è stato. Se l’hai incontrato, conosciuto, stimato. Se ad un certo punto ti sei affezionato a lui, e lui a te. Se ha conquistato la tua fiducia, al punto che gli hai raccontato quelle cose di te che a nessun’altro mai avresti detto. Se tutto questo è capitato, ed è capitato così, è soltanto perché questo prete ha consegnato la sua vita alla follia del Vangelo. Giocarsi tutto sulla parola di Gesù lo ha messo sui tuoi passi. Lasciati provocare dal tuo Don dell’oratorio. Lasciati provocare dalla tua suora, dal tuo educatore che vedi anche pregare e andare a messa, da quel papà, da quel nonno… lasciati provocare dalla follia del Vangelo. Che non sia proprio questa follia la chiave che risolve il mistero della vita?

 

 

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