Share

Calcio

Il pallone ostaggio della violenza

Dopo gli incidenti che a Genova hanno impedito lo svolgimento di Italia-Serbia

di Mauro COLOMBO Redazione

13 Ottobre 2010

Una delle ultime immagini mandate in onda ieri sera su Rai 1 da Marassi durante la “diretta” della partita Italia-Serbia – sospesa e poi interrotta a causa degli incidenti provocati dai “tifosi” (le virgolette sono d’obbligo) ospiti – era il primo piano di una ragazzina serba seduta in tribuna. Lo sguardo era attonito e incredulo: nella sua ingenuità, probabilmente non si capacitava di come alcuni suoi connazionali fossero così idioti da trasformare uno stadio in un’arena per rivendicazioni nazionalistiche e da mettere a ferro e fuoco una città dalle ore precedenti la partita fino a tarda notte.
Questo per dire che non tutti i serbi presenti ieri sera al “Luigi Ferraris” di Genova sono responsabili di quanto accaduto o l’hanno condiviso. Molti, anzi, avranno preso le distanze dagli ultras in maniera meno ambigua di quanto non abbiano fatto in campo i giocatori della loro Nazionale. Ma questa considerazione aggrava il problema, anziché alleggerirlo, perché dimostra che oggi bastano davvero pochi imbecilli per mettere il calcio sotto scacco: se costoro decidono che non si gioca, sono in grado di impedirlo.
Ora è il momento delle indagini e delle sanzioni. Le prime sono chiamate ad accertare le vere motivazioni dei fatti, a individuarne gli artefici e a capire come abbiano potuto viaggiare dal loro Paese fino a Genova senza filtri e controlli per porre in atto quanto avevano in mente. Le seconde, in ambito sportivo, provvederanno ad assegnare la vittoria a tavolino all’Italia, a imporre alla Serbia di giocare alcune partite a porte chiuse (sempre che non scatti una squalifica più pesante) e a comminare multe alla sua Federazione; in ambito politico, la serata di Genova – unita agli incidenti dei giorni scorsi a Belgrado e al mai sopito “fuoco” intorno alle sorti del Kosovo – potrebbe anche suscitare più di una perplessità in ordine al prossimo ingresso della Serbia nell’Unione Europea.
Resta un interrogativo, che chiama in causa i responsabili del nostro ordine pubblico. Perché un tifoso civile, moderato e corretto, che giunge allo stadio con una bottiglietta d’acqua di plastica per dissetarsi durante la partita, è obbligato a berla o a svuotarla ai cancelli, e invece il galantuomo in passamontagna e maglietta con teschio che ieri sera a Genova si è posto a cavalcioni della balaustra per aizzare i suoi compagni ha potuto esibire alle telecamere un bel paio di cesoie? Una delle ultime immagini mandate in onda ieri sera su Rai 1 da Marassi durante la “diretta” della partita Italia-Serbia – sospesa e poi interrotta a causa degli incidenti provocati dai “tifosi” (le virgolette sono d’obbligo) ospiti – era il primo piano di una ragazzina serba seduta in tribuna. Lo sguardo era attonito e incredulo: nella sua ingenuità, probabilmente non si capacitava di come alcuni suoi connazionali fossero così idioti da trasformare uno stadio in un’arena per rivendicazioni nazionalistiche e da mettere a ferro e fuoco una città dalle ore precedenti la partita fino a tarda notte.Questo per dire che non tutti i serbi presenti ieri sera al “Luigi Ferraris” di Genova sono responsabili di quanto accaduto o l’hanno condiviso. Molti, anzi, avranno preso le distanze dagli ultras in maniera meno ambigua di quanto non abbiano fatto in campo i giocatori della loro Nazionale. Ma questa considerazione aggrava il problema, anziché alleggerirlo, perché dimostra che oggi bastano davvero pochi imbecilli per mettere il calcio sotto scacco: se costoro decidono che non si gioca, sono in grado di impedirlo.Ora è il momento delle indagini e delle sanzioni. Le prime sono chiamate ad accertare le vere motivazioni dei fatti, a individuarne gli artefici e a capire come abbiano potuto viaggiare dal loro Paese fino a Genova senza filtri e controlli per porre in atto quanto avevano in mente. Le seconde, in ambito sportivo, provvederanno ad assegnare la vittoria a tavolino all’Italia, a imporre alla Serbia di giocare alcune partite a porte chiuse (sempre che non scatti una squalifica più pesante) e a comminare multe alla sua Federazione; in ambito politico, la serata di Genova – unita agli incidenti dei giorni scorsi a Belgrado e al mai sopito “fuoco” intorno alle sorti del Kosovo – potrebbe anche suscitare più di una perplessità in ordine al prossimo ingresso della Serbia nell’Unione Europea.Resta un interrogativo, che chiama in causa i responsabili del nostro ordine pubblico. Perché un tifoso civile, moderato e corretto, che giunge allo stadio con una bottiglietta d’acqua di plastica per dissetarsi durante la partita, è obbligato a berla o a svuotarla ai cancelli, e invece il galantuomo in passamontagna e maglietta con teschio che ieri sera a Genova si è posto a cavalcioni della balaustra per aizzare i suoi compagni ha potuto esibire alle telecamere un bel paio di cesoie?