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Calcio

Il derby della vergogna

Dopo l’increscioso “spettacolo” di Salernitana-Nocerina occorre fermare il contagio del pallone infetto

12 Novembre 2013

Cinque infortuni e tre sostituzioni in venti minuti di gioco, neanche fosse una partita di football americano. Si è concluso con la sospensione al 21’ del primo tempo il derby di Lega Pro in programma domenica tra Salernitana e Nocerina, per inferiorità numerica della squadra ospite. Viene il dubbio, però, che l’inferiorità dell’intero sistema del calcio italiano non sia tanto numerica, quanto culturale.

Si è detto per tanto, troppo tempo, che gli stadi italiani sono un porto franco in cui tutto è lecito. Che il problema del calcio è nei violenti che abitano le curve, che estirpando le cattive pratiche degli ultras si sarebbe risanato il giocattolo. E allora giù con l’inasprimento delle sanzioni, le trasferte vietate ai supporter, l’obbligo di censimento con tessera del tifoso, i Daspo contro gli ultrà violenti e chi più ne ha più ne metta. Poi si scopre che forse non è lo stadio a dover essere messo al centro dell’attenzione, se una partita di calcio di una Lega minore non può essere disputata perché le minacce degli ultrà ai (loro) calciatori avvengono ben lontano dal campo verde. Perché quei tifosi, o sedicenti tali, a Salerno non erano potuti andare per decisione del prefetto che aveva vietato la trasferta. Perché quando il pullman della Nocerina si è fermato all’interno dello stadio, nessun facinoroso era presente ad aspettare i calciatori che non volevano scendere. Perché sugli spalti dell’Arechi, al momento della sospensione della partita, non c’erano estremisti del tifo, ma spettatori che avevano pagato un biglietto.

Ora la Procura di Nocera, che nel frattempo ha aperto un fascicolo, indagherà per capire come sono andate le cose. Ma un dato è evidente: quale minaccia può aver indotto dei calciatori a rifiutarsi di giocare? Che livello di permeabilità c’è nel sistema calcio, tanto da rendere i violenti così “persuasivi” nei confronti delle società? Sarà forse il caso di allargare lo sguardo agli interessi della malavita e della criminalità organizzata, che impunemente orchestra anche nel mondo del pallone? E sarà forse la volta che la Figc decida quale strada intraprendere? Senza più tentennamenti, senza minacciare di chiudere le curve per poi innescare una frettolosa retromarcia, senza rendere sempre più difficile l’accesso agli stadi per tifosi o famiglie e tollerare la contiguità tra società sportive e malaffare. In ballo c’è il rispetto della legalità e il decoro di un Paese che di spettacoli, come quello a cui si è assistito ieri a Salerno, non ne deve più vedere.