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La lezione

Grecia, tolleranza zero coi violenti

Un esempio di fermezza che giunge dal Paese considerato il «fanalino di coda» dell’Europa

di Leo GABBI

9 Marzo 2015
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Anche se tutti, economicamente parlando, la considerano il fanalino di coda d’Europa, la Grecia ha fatto nello sport qualcosa di rivoluzionario, che nessuno finora, nel vecchio continente – Italia compresa – aveva mai avuto il coraggio di proporre. Si parla infatti tanto di lotta alla violenza, ma poi, all’atto pratico, non si riesce a debellare il fenomeno una volta per tutte, soprattutto nel calcio. Basta guardare, al di là degli episodi luttuosi del passato, come Roma è stata recentemente messa “a ferro e fuoco” dai tifosi ubriachi del Feyenord, poi tornati impunemente alla base con solo qualche arresto e qualche ammaccatura, a fronte di una devastazione della Città Eterna che ha fatto mediaticamente il giro del mondo. Invece alle ennesime, drammatiche intemperanze, il governo di Atene ha detto basta, sospendendo fino a nuovo ordine i campionati di calcio di serie A, B e C.

Per qualcuno, quella ispirata dal nuovo premier Alexis Tsipras potrebbe sembrare una misura draconiana, ma quando si oltrepassa il limite e si sfocia nella violenza cieca, non si può più giustificarla dietro un evento sportivo che gronda sangue. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato quanto avvenuto nel recente derby di Atene tra Olympiakos e Panathinaikos, con i tifosi della formazione biancoverde che hanno tentato un’invasione in massa, lanciando fumogeni contro gli agenti e scatenando una rissa che ha provocato il ferimento di due persone.

In Italia il bilancio di due feriti ormai non viene neppure evidenziato, tanto resta nella norma. In Grecia invece hanno detto basta, anche perché, oltre alle violenze sugli spalti e alle scintille fra giocatori, la situazione era degenerata al punto che anche fra i vari dirigenti dei club, in occasione di una riunione della SuperLeague, era scoppiata una clamorosa rissa. Peraltro la decisione del governo ellenico arriva dopo un precedente stop di una settimana, deciso in autunno a seguito della morte di un tifoso nel corso di violenti scontri durante una partita di terza divisione.

C’è chi dietro questa violenza cieca vuol vedere le condizioni moribonde di un popolo che, affamato dalla crisi, sfoga la sua rabbia trovando il pretesto di una partita di calcio. Sarà, ma purtroppo in Stati molto più ricchi, certe scene vergognose accadano ugualmente. A un certo punto, quindi, è più dignitoso dire basta: fermare tutto il carrozzone per una settimana, un mese, un anno, se occorre: solo così chi destabilizza un mondo che dovrebbe solo portare gioia e divertimento capirà che ha di fronte uno Stato che non scherza, e che non si gira dall’altra parte davanti a vandalismi assortiti.