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Sport e violenza

Caccia all’arbitro, anche quello “mini”

Nella stagione 2014-2015 in diverse discipline è raddoppiato il numero delle aggressioni nei confronti dei direttori di gara, compresi quelli giovanissimi

di Leo GABBI

28 Ottobre 2015

Una volta tanto parliamo di arbitri, ma non le famose giacchette nere della nostra Serie A, bensì di tutti quei giovani e anche solo ragazzini che, per passione, anziché giocare in una squadra, si mettono a dirigere le partite. Sarà forse anche un pizzico di protagonismo o di leadership a portarli a questa scelta per certi versi “estrema”, per altri incomprensibile ai più, ma spesso, come avviene fatalmente per i loro colleghi più grandi, questi mini-arbitri si trovano al centro di polemiche infinite che spesso sfociano addirittura in aggressioni verbali e in qualche caso perfino fisiche non solo da parte dei dirigenti delle squadra, ma anche di genitori e amici dei giocatori. Situazioni vergognose e inaccettabili, in cui spesso il ragazzino in giacchetta nera si trova ad arbitrare giovani molto più grandi di lui, senza avere la minima protezione dentro e fuori dal campo.

Questo avviene spesso nel nostro calcio minore, nelle ultime settimane con una concentrazione di episodi preoccupanti, ma a volte riguarda anche altre discipline. Qualche tempo fa, per esempio, nel Pisano un gruppo di genitori, durante un torneo di minibasket, ha cominciato a prendere a male parole un arbitro, appena 12enne, costretto poi ad abbandonare il parquet in lacrime. A Cremona invece, durante una partita di volley femminile under 13, i genitori delle ragazzine hanno dato vita a una vera e propria rissa sugli spalti.

L’80% degli episodi è però sempre riconducibile al nostro sport più popolare. E se ancora qualcuno pensa che il calcio violento nasce dagli scontri di Serie A e B, dovrebbe farsi un giro sui campetti di periferie, le domeniche mattina, per capire quanta rabbia viene a volte incanalata sui giovani fischietti. Quasi un anno fa a Lecce una partita di seconda categoria si è trasformata in caccia all’uomo, prima in campo e poi negli spogliatoi per un giovane arbitro che poi, al pronto soccorso, ha avuto una prognosi di 21 giorni. Poi altri casi recenti in Sicilia, Sardegna, nel Lazio, ma anche in Lombardia e Veneto.

I dati ufficiali certificano che il fenomeno è sempre più preoccupante: nella stagione 2014-2015, ma anche in quella appena iniziata, i direttori di gara hanno subito quasi il doppio delle aggressioni rispetto a quelle precedenti e il primato negativo riguarda proprio i campionati del Settore Giovanile, con la Federazione che ha inasprito le pene, ma che non sembra abbia ottenuto un’inversione di tendenza. C’è una specie di senso di impunità in coloro che commettono certe azioni violente, che a volte trascina all’eccesso anche altre persone, mentre sono più rari i casi in cui gruppi di papà e mamme si ribellano e denunciano chi esagera. A mali estremi però, meglio reagire senza aspettare altre conseguenze. In 90 anni di calcio nostrano, mai gli arbitri hanno scioperato: forse invece sarebbe il caso di mandare un segnale forte, perché questa escalation delle violenze, spesso sottaciute o quasi, non può sempre diventare come la polvere che finisce sotto il tappeto.