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Milano

Sgomberati i 250 rom di via Rubattino

Ieri le persone insediate nell'ex area industriale dell'Innocenti sono state allontanate dalla polizia, con l'assistenza dei Servizi sociali, per trovare un primo, provvisorio rifugio. Le maestre: «Interrotta l'esperienza di integrazione»

8 Settembre 2010

Annunciato più volte negli ultimi mesi, lo sgombero dell’insediamento rom nell’ex area industriale di via Rubattino a Milano è stato portato a termine ieri mattina. All’alba, tra pioggia e freddo, le 250 persone rom romene insediate tra le rovine cadenti degli ex capannoni Innocenti sono state allontanate dalla polizia, con l’assistenza dei Servizi sociali, per trovare un primo, provvisorio rifugio, pochi metri dopo l’uscita del campo, sotto il ponte della tangenziale est.
«Perché lo sgombero arriva sempre quando arriva freddo? – si è chiesto un giovane -.Ci dicono: “Andate via”… Ma dove? O ci danno il denaro per fare un campo, oppure sarebbe meglio fare come i francesi, che ai rom hanno dato i soldi per tornare a casa…».
Nell’ex area industriale «la situazione era pericolosissima – ha spiegato Tullio Mastrangelo, comandante della polizia locale di Milano -: ci sono plafond in ferro che penzolano dal tetto, qua e là buche profonde tre metri, come delle foibe, con il pericolo che qualcuno possa caderci dentro in ogni momento. Il Comune e i Servizi sociali hanno chiesto se accettavano l’accoglienza, per gli uomini in una struttura, per le donne e i bambini in un’altra, ma loro tendono a voler stare insieme».
Ora tutte le attività di integrazione, in primis la scuola, sono a rischio. Da due giorni – malgrado l’incombenza dello sgombero – era iniziato il pre-scuola, organizzato dal gruppo delle mamme di via Rubattino, dalla Comunità di Sant’Egidio, dai volontari della parrocchia dei Santi Martino e Gerolamo Emiliani e da due delle insegnanti delle scuole elementari della zona, a cui partecipavano 25 bambini del campo dai 4 ai 13 anni. «Questo sgombero interromperà l’esperienza – ha detto Silvia Borsani, maestra elementare -. Oggi una bambina mi ha chiesto: “Maestra, ma riuscirò ancora ad andare a scuola?”».

Approfondimenti

Il commento di Valerio Pedroni

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