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Milano

Il bimbo rom morto tra le fiamme: «Mostrare i muscoli non serve»

Enea Emil, 13 anni, è perito nel rogo scatenato dalla stufa della sua baracca. Don Roberto Davanzo: «I soldi spesi per gli sgomberi non hanno prodotto un risultato proporzionato»

di Silvio MENGOTTO Redazione

15 Marzo 2010

Nella notte di venerdì 12 marzo, nel rogo accidentale scaturito da una stufa in una baracca di un campo rom in via Caio Mario, a Milano, è morto carbonizzato Enea Emil, un bambino di 13 anni. Madre, padre e fratelli si sono salvati, mentre lui è rimasto intrappolato tra le fiamme.
L’insediamento abusivo è composto da 25 baracche. In passato la famiglia di Emil aveva già subito cinque sgomberi. Il fratello maggiore, Jan (26 anni), fa il muratore, «pagato la metà degli italiani». In questa baraccopoli abusiva ci sono anche rom provenienti da via Triboniano: là i loro figli andavano a scuola, ora non più.
Per don Roberto Davanzo, responsabile della Caritas Ambrosiana, «la strategia muscolare è messa in discussione». Gli sgomberi senza una credibile alternativa – dal 2006 a Milano già oltre 200 – sono «la testimonianza – continua don Roberto – che tutti i soldi spesi non hanno prodotto un risultato proporzionato». Tra le varie richieste avanzate dalla Caritas nei giorni scorsi anche «una moratoria degli sgomberi in inverno, ma non ci hanno ascoltato. Comunque, non vogliamo polemiche, non serve a nessuno mettersi in conflitto». Per difendere la sicurezza dei cittadini e dare una soluzione alla complessa situazione dei rom a Milano, don Roberto propone di «spalmare queste presenze su più Comuni. Il fenomeno sarebbe assorbito e smetterebbe di rappresentare motivo di ansia e apprensione». Nella notte di venerdì 12 marzo, nel rogo accidentale scaturito da una stufa in una baracca di un campo rom in via Caio Mario, a Milano, è morto carbonizzato Enea Emil, un bambino di 13 anni. Madre, padre e fratelli si sono salvati, mentre lui è rimasto intrappolato tra le fiamme.L’insediamento abusivo è composto da 25 baracche. In passato la famiglia di Emil aveva già subito cinque sgomberi. Il fratello maggiore, Jan (26 anni), fa il muratore, «pagato la metà degli italiani». In questa baraccopoli abusiva ci sono anche rom provenienti da via Triboniano: là i loro figli andavano a scuola, ora non più.Per don Roberto Davanzo, responsabile della Caritas Ambrosiana, «la strategia muscolare è messa in discussione». Gli sgomberi senza una credibile alternativa – dal 2006 a Milano già oltre 200 – sono «la testimonianza – continua don Roberto – che tutti i soldi spesi non hanno prodotto un risultato proporzionato». Tra le varie richieste avanzate dalla Caritas nei giorni scorsi anche «una moratoria degli sgomberi in inverno, ma non ci hanno ascoltato. Comunque, non vogliamo polemiche, non serve a nessuno mettersi in conflitto». Per difendere la sicurezza dei cittadini e dare una soluzione alla complessa situazione dei rom a Milano, don Roberto propone di «spalmare queste presenze su più Comuni. Il fenomeno sarebbe assorbito e smetterebbe di rappresentare motivo di ansia e apprensione». – – La voce di Sant’Egidio