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L’operazione “Paolo Sarpi”

Da metà settembre, nel quartiere cinese di Milano, zona a traffico limitato e divieto di commercio all'ingrosso. Già chiusi alcuni negozi di orientali: la loro amarezza

3 Settembre 2008

05/09/2008

di Cristina CONTI

Tolleranza zero per i grossisti, zona a traffico limitato. E la tensione in via Paolo Sarpi continua a salire. Palazzo Marino ha investito cinque milioni di euro nella zona a traffico limitato. Cinque telecamere sorveglieranno l’accesso ai residenti, mentre è vietato il commercio all’ingrosso, che, con il carico e lo scarico delle merci, crea problemi alla viabilità.

Si partirà da metà settembre. Decine di negozi appartenenti alla comunità cinese hanno già le serrande abbassate, i locali svuotati e inserzioni per cedere le attività. Ma i residenti italiani non si fidano. «È solo un tentativo per far salire la tensione», dice Pier Franco Lionetto, presidente dell’Associazione ViviSarpi.

Intanto i lavori avanzano. Gli operai stanno cancellando i parcheggi e gettano cemento. Cinquanta grossisti cinesi si sono accordati per il trasferimento a Lacchiarella, altri stanno verificando i prezzi dei negozi nella zona di via Padova.

La trasformazione urbanistica del quartiere è stata spiegata ai cinesi in una lettera dello scorso 8 agosto. Nella prima fase ci sarà la zona a traffico limitato sorvegliata da cinque telecamere e aperta ai residenti. La seconda arriverà nel 2009 quando verrà inaugurata l’isola pedonale con dehors e aiuolette.

«La nostra moral suasion dà i suoi primi effetti. Ora dovremo monitorare gli spostamenti e gli arrivi delle nuove attività, dovremo costruire un vero mix commerciale italo-cinese», sottolinea il vicesindaco Riccardo De Corato. Ma a lasciare sono anche gli italiani. «Aumenta l’offerta di spazi e cala, invece, il costo del mattone», commenta Paola Barzini, agente immobiliare della zona.

Una scelta per tutelare una zona storica del capoluogo lombardo e i suoi residenti italiani. Il provvedimento dovrebbe, infatti, mettere la parola fine a traffico, rumore e battaglie sulle regole. Ma cosa succederà davvero è difficile a dirsi.

Chinatown è una rete economica ricca e indaffarata. Prezzi bassi, imprenditori che servono i mercati e riforniscono tutto il Nord Italia. «Definiremo la nostra strategia. I cantieri hanno alimentato l’insicurezza della nostra gente e alcuni hanno deciso di vendere. Siamo amareggiati perché è stato interrotto qualsiasi contatto con il Comune», spiega Angelo Hu, storico rappresentate della comunità cinese nel quartiere.