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La realtà della Fondazione Don Gnocchi, tra vicinanza quotidiana ai pazienti e ruolo all'avanguardia nell'assistenza riabilitativa

5 Giugno 2008

14/03/2008

Marta ha 45 anni, da 15 è costretta su una sedia a rotelle e frequenta 2 volte a settimana l’istituto don Gnocchi di Pessano. Ogni 12 febbraio, giorno del suo compleanno, la sua fisioterapista le fa trovare sul materasso degli esercizi una rosa accompagnata da un biglietto di auguri.

Sono anche questi, oltre alle cure mediche, i gesti che caratterizzano l’umanità di una struttura, quella quotidiana vicinanza al paziente inteso come persona a tutto tondo e non solo come un degente. Nel pieno spirito del fondatore dell’istituto, don Carlo Gnocchi, che scriveva: «Bisognerà restituirgli (al malato) anche la dignità, la dolcezza e la varietà del vivere, voglio dire quel rispetto della personalità individuale e quella possibilità di esplicare completamente il potenziale della propria ricchezza personale».

Cresciuta negli anni, la Fondazione onlus Don Carlo Gnocchi conta oggi 28 centri distribuiti in 9 regioni, che si occupano di ragazzi portatori di handicap, affetti da complesse patologie acquisite e congenite, di pazienti che necessitano di interventi riabilitativi, anziani non autosufficienti, malati oncologici terminali e pazienti in stato vegetativo persistente. Solo in Lombardia la Don Gnocchi conta 1724 posti-letto e 390 in day hospital. Sono 1867 gli operatori, cui sono stati affidati lo scorso anno 9100 pazienti. Completano il quadro i numeri delle prestazioni ambulatoriali (580 mila) e di laboratorio (11 mila).

All’avanguardia della ricerca tanto da essere punto di riferimento riconosciuto a livello europeo e internazionale, la Fondazione ha inaugurato lo scorso venerdì 29 febbraio uno strumento innovativo in via Capecelatro a Milano presso l’Iccrs Santa Maria Nascente. Si tratta di un Dat, cioè una struttura che permette a persone con disabilità di recuperare il massimo livello di autonomia possibile nell’ambito domestico.

Comprende una “casa domotica”, un appartamento fortemente automatizzato dove l’utente potrà trascorrere del tempo svolgendo un programma di lavoro connesso all’educazione all’autonomia, alla valutazione delle prestazioni e delle potenzialità nelle attività di vita quotidiana nell’ottica della preparazione al rientro al domicilio.

Le tecnologie presenti nell’edificio vanno dalle più semplici alle più avanzate: pulsanti per aprire tende, porte e finestre, ma anche spegnimento dei fornelli lasciati inavvertitamente accesi o dei rubinetti dimenticati aperti. Chi ne ha bisogno, inoltre, può utilizzare la struttura per sperimentare quali strumenti possono essere più utili una volta tornato a casa al termine della riabilitazione. (f.m.)