Sirio 26-29 marzo 2024
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Progetto

I vescovi europei a “scuola” di comunicazione

Si è svolto a Madrid, su iniziativa del Consiglio delle Conferenze episcopali europee, un corso cui hanno preso parte prelati provenienti da vari Paesi europei, per rappresentare al meglio la posizione della Chiesa e i valori cristiani sui Media, sui Social e, in generale, in pubblico.

16 Dicembre 2015

I vescovi vanno “a scuola” di comunicazione. Nella Chiesa si sta facendo breccia con forza crescente la consapevolezza che – per permettere al Vangelo di sempre di parlare all’oggi dell’uomo – occorre trovare modi adatti e linguaggi comprensibili per la cultura contemporanea.

Ne è conferma il Media Training che si è svolto dal 9 all’11 dicembre a Madrid, su iniziativa del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE): il corso, cui hanno preso parte prelati provenienti da Irlanda, Spagna, Svizzera, Austria, Slovenia, Moldavia, Ucraina, Slovacchia, Albania e Lituania, era basato sul metodo di “Catholic Voices”, il progetto di comunicazione che aiuta i cattolici a rappresentare al meglio la posizione della Chiesa e i valori cristiani sui Media, sui Social e, in generale, in pubblico.

Partito in Inghilterra nel 2010 in occasione della visita di Benedetto XVI, con l’idea di trasformare un gruppo di cittadini in efficaci comunicatori di quell’evento e della propria fede, Catholic Voices si è rapidamente esteso in tutto il mondo ed è ora presente in una ventina di Paesi, tra cui l’Italia (www.catholicvoicesitalia.it).

Al centro del metodo – di cui i vescovi europei hanno apprezzato l’approccio autenticamente cristiano e l’efficacia nel creare quella “cultura dell’incontro” evocata spesso dal Papa – c’è il reframing, che parte dal presupposto che le critiche mosse alla Chiesa riflettono le cornici (frames) della cultura contemporanea, dominata dall’etica dell’autonomia e dall’individualismo.

Molteplici e spesso non dette (tra le più forti quella che vede la Chiesa come istituzione opposta all’individuo o la religione come coercitiva), queste cornici funzionano come dei filtri e impediscono di vedere l’impegno della Chiesa per il bene comune e la dignità di tutte le persone. Il reframing insegna a riconoscerle e ad uscirne facendo appello al valore cristiano che quasi sempre si cela dietro alle critiche: partire da ciò che unisce, mostrando all’altro che in fondo facciamo riferimento agli stessi principi, non solo crea empatia (il presupposto di ogni dialogo fra persone di vedute diverse) ma aiuta anche i cattolici ad uscire da quella mentalità difensiva che porta a chiedersi “E ora come la giustifico questa?” per domandarsi invece “Qual è il vero punto di disaccordo su questo argomento”.

Dopo una riflessione teorica sull’importanza del reframing nel dibattito pubblico, il corso di Madrid ha previsto momenti di studio su questioni particolari ed esercitazioni pratiche con simulazioni di interviste televisive, dibattiti e discorsi sui temi più delicati e divisivi dell’attualità.

Ad interessare i vescovi europei è stata soprattutto la possibilità, che il metodo permette, di aiutare a “vedere” la Chiesa con occhi diversi, colmando il divario tra l’immagine che ne danno i mezzi di comunicazione e la realtà del suo operato, e di sostituire quindi il grande “no” che essa sembra dire alla società contemporanea, con il grande “si” che di fatto pronuncia a tutti i valori che la stessa società dice di avere a cuore.