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Testimonianza

Zambia: la fatica della prevenzione

I fidei donum ambrosiani nel Paese africano: di Covid hanno sentito parlare, ma dopo la paura iniziale tutto è rimasto normale

I fidei donum ambrosiani in Zambia

2 Novembre 2020

Per parlare di Covid ci concentriamo su fatti e opinioni non nostre, ma della gente che frequentiamo ogni giorno e che sentiamo sempre più familiare, in questo distretto di Itezhi Tezhi, circa 100 mila abitanti, sparsi in numerosissimi villaggi, tra il lago omonimo, la piana del fiume Kafue e le leggere colline più a nord.

I dati ufficiali del Covid in Zambia si trovano in internet, con una facilità mai vista prima, nemmeno per malattie che da sempre, falciano vite umane, soprattutto nei primi anni di vita. Non abbiamo nemmeno pensato di riferirci alle news locali, ritenute poco credibili dalla maggioranza degli zambiani.

Il funerale di Angel, 14 anni, morto annegato nella piscina di un lodge di Itezhi Tezhi, è stato un evento straordinario per la piccola chiesa di St Charles. C’erano almeno 800 persone, quasi tutte senza mascherina e pigiate l’una all’altra, sia in chiesa sia fuori, secondo la comune usanza di radunarsi a gruppi e gruppetti.

Impossibile mantenere le regole anti-Covid dettate dal governo mesi fa e non ancora rimosse, almeno per le chiese (50 persone, 1 metro di distanza). D’altra parte, che fare? Molti avevano già partecipato alla veglia nella casa del defunto, stando per tre giorni e due notti tutti insieme, mangiando, pregando, cantando, dormendo l’uno accanto all’altro, in particolare le donne nei vari locali della casa, accanto alla madre vedova.

Di funerali come quello di Angel in tutto lo Zambia, durante questi mesi di emergenza Covid, ce ne sono stati a migliaia. Le regole del distanziamento e dell’uso delle mascherine non hanno scalfito la tradizione dei funerali celebrati così.

Andiamo in un villaggio per celebrare la Messa, i battesimi, un matrimonio e alcune prime comunioni. Le misure anti Covid da marzo avevano bloccato tutte le visite e da gennaio non avevano più avuto l’Eucaristia. Ci organizziamo, secondo le regole, e arriviamo con la mascherina sul collo, pronti a coprire bocca e naso. Ci accoglie un membro del coro e con una grande risata ci dice: «Qui non c’è Covid e la mascherina non serve». In effetti nessuno l’ha portata, ma penso che nessuno l’abbia mai avuta in questo, come in tutti i villaggi della zona.

La celebrazione, semplice e gioiosa, procede con tutti pigiati nella piccola chiesa dai muri di fango, pregando, cantando e ballando sotto il tetto di lamiera, che nel primo pomeriggio assomiglia più alla serpentina di un forno. Di Covid qui hanno sentito parlare, ma dopo la paura iniziale, non avendo visto né ammalati né morti strane o diverse dal consueto, tutto è rimasto normale.

Le risposte più comuni quando chiediamo un’opinione sul Covid: «Ndarama ndi business» (soldi e business) oppure «Politics chabe» (solo politica).

Spesso ci rechiamo nell’unico ospedale della zona, Itezhi Tezhi District Hospital, 50 letti in tutto più 6 per i bimbi in maternità. In tutti questi mesi non s’è visto né un aumento di pazienti, né di mortalità. Si continua a morire per le solite malattie, dalla malaria alla tubercolosi, dalla meningite ai morsi di coccodrillo super infetti.

Abbiamo ricevuto una piccola somma dalla Diocesi in aiuto alle vittime del Covid. Le linee guida su come usare questi soldi parlano di materiale sanitario, tipo i detergenti che usiamo all’ingresso delle chiese per disinfettare le mani, e una parte per aiutare le famiglie colpite dal Covid. Non sapevamo a chi dare aiuto, ma abbiamo deciso di aiutare qualche famiglia più bisognosa della parrocchia con un sacco di farina. In questi casi si rischia sempre di creare più danno che beneficio, scatenando quel terribile virus dell’invidia e della gelosia che finisce per dividere le comunità più che creare coesione e aiuto reciproco.

Mentre terminiamo questo scritto osserviamo il via vai di studenti, ormai da tempo tornati a scuola, che transita ogni giorno per il sentiero che separa la casa della parrocchia da quella delle suore. Sono a migliaia tutti i giorni e nessuno con mascherina e distanziamento, solo gioiose chiacchiere, schiamazzi, grida e risate, ignari che in tutto il mondo la paura del Covid ancora oscura la mente e il cuore di tanti coetanei.