Sirio 26-29 marzo 2024
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Intervista

Unica sede del Seminario
per due comunità distinte

Dopo l’annuncio del cardinale Scola alla Festa dei Fiori parla monsignor Mario Delpini, da fine giugno nuovo Vicario generale

di Pino NARDI

14 Maggio 2012

Una svolta che era nell’aria ormai da tantissimo tempo. Martedì 8 maggio l’annuncio del cardinale Scola nell’ambito della tradizionale Festa dei Fiori a Venegono. Cosa cambia dunque in Diocesi, con queste dicisioni? Lo abbiamo chiesto a monsignor Mario Delpini, che dalla fine di giugno sarà il Vicario generale, ma che nel suo impegno pastorale precedente è stato a lungo alla guida del Seminario come rettore, prima del liceo, poi del quadriennio teologico e infine Rettore maggiore.

Oggi i seminaristi distribuiti nelle varie sedi in totale sono 157. Monsignor Delpini, quali reazioni e considerazioni sono emersi all’annuncio del cardinale Scola sul nuovo assetto delle sedi del Seminario?
Preti e seminaristi presenti a Venegono hanno applaudito. Hanno approvato che ci sia stata una decisione. La questione era all’ordine del giorno da diverso tempo. Le possibilità verificate sono state diverse, tutte con qualche buona ragione. Gli spazi disponibili e le risorse per mantenerli sono diventati evidentemente sproporzionati rispetto al numero dei seminaristi. Una concentrazione si rivelava necessaria. La scelta di Venegono, a mio parere, è quella che può interpretare molte buone ragioni, ma ovviamente non tutte.

Quindi è stata determinante la “ragione economica”?
Nessuno oggi può sperperare risorse. Ma le ragioni dell’economia non sono state decisive. La sede di Venegono comporta infatti costi considerevoli, ma è l’unica che consente di mantenere un’adeguata distinzione tra le due comunità del Seminario, riunite in una stessa sede. È la vocazione originaria di questa sede. Questo seminario, infatti, costruito durante gli anni della grande depressione (iniziato nel 1928, abitato dal 1930, inaugurato ufficialmente nel 1935) ha radunato il liceo, che prima era a Monza, da una parte e la teologia, che prima era a Milano, dall’altra. La distinzione delle comunità ha una ragione educativa.

Si può descrivere in breve questa ragione educativa?
Per essere un po’ schematici si può dire che la comunità propedeutica e dei primi anni di teologia intende introdurre alla vita del Seminario, accertare le condizioni di maturità umana, accompagnare alla verità spirituale, formare l’attitudine personale in vista del sì alla vocazione. La comunità del quadriennio teologico si propone di portare al discernimento per la scelta definitiva e di accompagnare all’acquisizione essenziale delle competenze per il ministero presbiterale.

Venegono diventa la sede unica delle comunità del Seminario. Si mette quindi in evidenza l’unità del Seminario?
Il Seminario di Milano ha sempre avuto un’impostazione unitaria. Si comprende chiaramente che se le sedi dei seminari fossero piene di seminaristi non ci sarebbe stata l’unificazione e che la presenza di diverse sedi sul territorio della Diocesi non è priva di vantaggi. Ma la sede di Venegono è certo quella che meglio consente unità e diversificazione.

Con la sede di corso Venezia dedicata a questo si punta con maggiore impulso anche sulla formazione integrale e permanente di tutti i sacerdoti?
La sede di Seveso è destinata a essere sede di molte incontri pastorali. Speriamo che la sede di corso Venezia sia presto restituita alla sua missione di essere, nel cuore della città, un luogo di incontro per il clero, e non solo. Qui sarà attivo il Vicariato per la Formazione permanente del clero intesa nella sua integralità. Come si forma un prete quando è prete? Lo Spirito Santo lo forma attraverso il ministero stesso e la formazione permanente non è solo l’aggiornamento intellettuale: comporta anche il tempo per il silenzio e l’affascinante e ardua immersione nel ministero di Dio, il tempo per occasioni di fraternità tra preti che imparano a dirsi la verità del ministero e l’esperienza di diventare uomini migliori proprio diventando bravi preti, il tempo per quel distacco dalla frenesia che si può chiamare anche riposo, ma si deve piuttosto chiamare ri-creazione. Corso Venezia non sarà solo questo, ma anzitutto questo.

Questa definizione di sedi può essere anche l’occasione per rimettere al centro dell’attenzione delle comunità cristiane la necessità di coltivare nuove vocazioni come sollecita anche l’Arcivescovo?
Sì, certo. Confido però che la comunità cristiana sia attenta alla cura per tutte le vocazioni, e per le vocazioni al ministero ordinato in modo particolare, non solo perché i seminari si svuotano e i preti invecchiano. L’educazione cristiana si prende cura di ciascuno perché nessuno viva a caso e per essere docile allo Spirito di Dio che chiama ciascuno a vivere la sua fede in una precisa scelta di vita che, in linguaggio cristiano, si chiama vocazione.